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Si svolgerà a Marsala dal 19 al 21 agosto 2022 una manifestazione che racconterà la grande emigrazione dei Siciliani in Tunisia tra il XIX secolo ed il primo trentennio del XX secolo. Questa manifestazione, volta a far conoscere ad un pubblico non solo di specialisti una storia dell’ emigrazione siciliana poco nota non pretende esaurire ne coprire i molteplici argomenti che artisti, studiosi, intellettuali hanno o stanno affrontando, ma vuole essere un primo incontro pluridisciplinare dove si mescolano ricordi, memoria, immagini, storie con il doppio intento quello di suscitare nuove progettualità e collaborazioni ma anche riappropriarci di una storia vissuta che specie oggi diventa paradigmatica per un futuro condiviso quando “loro” diventano “noi”. L’Associazione Culturale Banca Marsalese della Memoria, organizzatrice della manifestazione, oltre a proiezioni di corti e lunghi metraggi e momenti di intrattenimento, coinvolgerà tra i maggiori studiosi e scrittori sulla tematica oggetto della tre giorni marsalese: Silvia Finzi - editrice del Corriere di Tunisi, docente ordinario presso la Facoltà di Lettere e Scienze Umane di Tunisi e Presidente del Comitato Dante Alighieri di Tunisi. Marinette Pendola - scrittrice e studiosa della storia della collettività italiana di Tunisia. Alfonso Campisi - docente di Filologia Italiana e Romanza e di Lingua e Dottrina Siciliana presso l’Università La Manouba di Tunisi. Iride Valenti - docente di Linguistica generale e Glottologia nel Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania Salvatore Speziale - docente di Storia e Istituzione dell’Africa presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dall’Università di Messina. Leila El Houssi - docente di Storia dell’Africa presso il Dipartimento di Scienze Politiche dall’Università La Sapienza di Roma. Carmelo Russo - ricercatore di Antropologia Culturale presso l’Università La Sapienza di Roma. Sonia Gallico - architetto, docente di restauro della Facoltà di Ingegneria dell’Università La Sapienza di Roma, ha curato la riedizione della raccolta completa del giornale antifascista “L’Italiano di Tunisi”. Marcello Bivona - regista cinematografico, studioso della comunità italiana in Tunisia. Rita Strazzera - membro dell’Istituto Dante Alighieri di Tunisi e Vice-Presidente dell’associazione culturale “Piccola Sicilia” di La Goulette, gemellata con Banca Marsalese della Memoria. Parteciperanno alla manifestazione anche lo scultore Girolamo Palmizi, il film-maker Enrico Montalbano ed il cantautore Tiberio Ferracane. La regista e fotografa Rim Temimi presenterà a Marsala e per la prima volta la versione italiana del suo film “Manca Moro”.
NOSTRI PROBLEMI Anche gli italiani all'estero potranno votare il prossimo 12 giugno sui cinque quesiti referendari inerenti a temi di giustizia. Non se ne sa molto, e non solo all’estero, sul contenuto e la posta in gioco degli otto referendum abrogativi proposti, di cui solo cinque sono stati ammessi dalla Corte Costituzionale. I tre quesiti che riguardavano l’eutanasia, la responsabilità civile diretta dei magistrati e la legalizzazione della coltivazione della cannabis, infatti, sono stati considerati inammissibili dalla Corte Costituzionale e forse erano invece quelli che avrebbero mobilitato maggiormente gli italiani. Per i cinque quesiti ammessi però viene anche fatta l'ipotesi che, se prima della data del 12, il Parlamento dovesse approvare la riforma Cartabia (riforma del processo penale) tre di questi quesiti potrebbero essere annullati... Il costo per l'organizzazione del referendum abrogativo non è indifferente mentre sembra invece esserci una smobilitazione e un disinteresse generale che forse porterà ad un forte astensionismo degli italiani in patria e/o dei residenti all'estero. Ma cosa dovremmo votare in sintesi il 12 giugno? 1-L'Incandidabilità dopo la condanna - il primo quesito del referendum chiede di abrogare la parte della Legge Severino che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali nel caso di condanna per reati gravi. 2- La Custodia cautelare durante le indagini - il secondo quesito chiede di togliere la reiterazione del reato dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini e quindi prima del processo. 3- La Separazione delle carriere - Questo terzo quesito chiede di impedire al magistrato di passare dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero e viceversa. 4- La Valutazione degli avvocati sui magistrati - il quesito chiede che gli avvocati, parte di Consigli giudiziari, possano valutare l’operato dei magistrati e la loro professionalità. 5- La Riforma del Csm - si chiede che non ci sia più l’obbligo per un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al Consiglio Superiore della Magistratura. In Italia si voterà anche per le amministrative. La guerra continua ad oscurare il nostro orizzonte non solo laddove si combatte ma per gli effetti “collaterali” che questa comporta come la crisi alimentare ed energetica in particolare dell'Africa ma non solo, la ripresa violenta delle ostilità in Medioriente, gli schieramenti che nel contesto attuale rischiano di alimentare il conflitto in atto... Anche l'Europa occidentale paga un prezzo molto alto per il conflitto Russia-Ucraina e subisce le conseguenze di una guerra i cui riflessi incidono pesantemente sulla sua crescita economica, già messa a dura prova dalla pandemia negli ultimi due anni. In questo contesto va letta la visita negli Stati Uniti del Premier italiano Mario Draghi che nel suo incontro con il Presidente Joe Biden ha ribadito la sostanziale identità di principio tra i due Paesi, uniti “nel condannare l'invasione dell'Ucraina, uniti nelle sanzioni e nell'aiutare l'Ucraina come ci ha chiesto il presidente Zelensky” ma per l'Italia e l'UE, occorre porre rimedio ai massacri in atto e trovare una via che possa portare rapidamente a negoziati di pace poiché “..in Italia e in Europa adesso le persone vogliono la fine di questi massacri, di questa violenza e di questa macelleria e pensano che cosa possiamo fare per portare la pace... Dobbiamo utilizzare ogni canale per la pace, per un cessate il fuoco e l'avvio di negoziati credibili”. “Un’Unione Europea forte è nell'interesse degli Stati Uniti. Fa bene a tutti” è stata la risposta del presidente Biden a Draghi. Speriamo che si possa evitare un’ulteriore escalation in una guerra in cui si perde sovente di vista che in primis perdono la vita “semplici cittadini”, persone che vengono coinvolte da un conflitto che li vede comunque perdenti, qualunque sia l'esito del conflitto e mi vengono in mente le parole dello scrittore Boris Vian che scriveva nel suo poema Il disertore: ...Monsieur le Président Je vous fais une lettre Que vous lirez peut-être Si vous avez le temps Je viens de recevoir Mes papiers militaires Pour partir à la guerre Avant mercredi soir Monsieur le Président Je ne veux pas la faire Je ne suis pas sur terre Pour tuer des pauvres gens…
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NOSTRI PROBLEMI Dalla guerra sanitaria alla guerra in Ucraina, passando da tutti i conflitti armati piccoli o grandi che coinvolgono Medioriente ed Africa, il mondo sta diventando un imbuto che si restringe sempre più lasciando allo scoperto o ai margini un numero crescente di popoli che si trovano loro malgrado travolti, spazzati e in fuga permanente verso un approdo tanto sperato quanto improbabile! I nostri genitori o i nonni che dopo la fine della Seconda guerra mondiale pensavano che la Liberazione fosse la premessa di una pace duratura sono stati smentiti: siamo ancora in un sistema in cui c’è una guerra permanente per imporre la propria supremazia, che sia politica o economica o etnica o religiosa. Non ne usciamo fuori. Ma perché il conflitto tra Russia ed Ucraina ci coinvolge più da vicino rispetto ad altri? Nel Nordafrica molti criticano che si stia dando più importanza all’invasione in corso della Russia ai danni dell’Ucraina rispetto a quella avvenuta anni orsono in Iraq o in Siria, che si accolgano in UE i profughi ucraini mentre i profughi siriani sono stati fermati alle frontiere dell’Europa occidentale, che si accetti la conquista di terre palestinesi in nome della sicurezza da parte delle autorità israeliane mentre per le stesse ragioni si condanna la Russia. Per queste ragioni molti nei Paesi del sud del Mediterraneo guardano con un certo scetticismo ironico la guerra in Europa anche se temono che questa escalation dia al conflitto una dimensione che li coinvolga direttamente o indirettamente. Sta di fatto che le conseguenze di questa disastrosa guerra hanno già effetti deleteri sul nostro quotidiano anche in Tunisia: in un Paese che importa quantitativi importanti di cereali dall’Ucraina, che costituiscono la base dell’alimentazione della popolazione, il diradamento delle forniture e il conseguente aumento dei prezzi rischiano di produrre effetti sociali incontrollabili. In Europa l’inflazione si fa già sentire pesantemente con una notevole diminuzione del potere d’acquisto ed i tentennamenti europei su come affrontare la crisi non solo del settore cerealicolo ma soprattutto quella dei rifornimenti di gas e petrolio russi fanno temere un ulteriore indebolimento politico dell’UE poiché, se è vero che le misure in atto vanno nel senso di una maggiore penalizzazione della Russia, è vero anche che l’UE non ha deciso di bloccare totalmente le importazioni energetiche russe ponendosi così in una situazione critica che da una parte la rende sostenitrice incondizionata dell’Ucraina ma, dall’altra, le impedisce di chiudere i rubinetti russi definitivamente per timore del rischio che una recessione, dopo questi anni di allarme pandemico, ci allontani sempre di più dal sogno tanto agognato di un welfare europeo. Non parliamo poi del dramma che stanno vivendo le popolazioni ucraine con milioni di persone in fuga dal loro Paese, da città distrutte con feriti e morti i cui numeri sono sempre crescenti. Oltre alla pericolosità estrema della situazione venutasi a creare per tutti, appare chiaro che una guerra in Europa per le sue implicazioni sociali, politiche, economiche e culturali abbia ripercussioni molto più gravi di quelle che già vediamo da decenni e più in altre parti del mondo: certo, da un punto di vista umanitario, la guerra è uguale per tutti e significa morte, feriti, distruzione, persone allo sbaraglio costrette ad abbandonare la loro terra, i loro affetti, i loro averi, ma da un punto di vista politico, sociale, economico e culturale non ha né lo stesso significato né le stesse conseguenze: è uno stile di vita, un modello politico, un modello economico ad essere in gioco. Molti, in questi nostri Paesi, criticano l’imperialismo occidentale a ragion veduta, ma il modello dittatoriale proposto in alternativa a quello democratico (in crisi per molti versi, da ripensare per altri o comunque da rimodellare) non sarebbe molto peggiore per tutti anche per coloro che con leggerezza lo denunciano? Alla vigilia di tre feste importanti per tutto il mondo monoteista, la Pasqua cristiana, l’Aid al Fitr musulmano (comunemente chiamato Aid Seghir) e la Pasqua ebraica (Pessah), che hanno per significato la Pace, la Carità, la Libertà, come non richiamare i popoli e soprattutto i politici a pensare che senza Pace non c’è civiltà, che senza condivisione non c’è solidarietà e che senza libertà siamo solo un gregge che è condotto al macello?
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NOSTRI PROBLEMI Siamo stupiti da questo incedere incessante di odio, violenza, volontà distruttiva, dalle immagini di civili in fuga, martoriati da una guerra di cui pagano in prima persona le conseguenze mentre i grandi del Mondo cercano di trovare soluzioni diplomatiche che al momento non hanno dato i risultati sperati. Una guerra in Europa non si pensava fosse ancora possibile e quali ne saranno le conseguenze sulle popolazioni? Come ne uscirà fuori l'UE, la Russia, la NATO, ma soprattutto gli ucraini? Come i popoli alleati della Russia percepiranno questo atto di forza? Come l'UE sarà percepita dai suoi alleati di fronte alla richiesta disperata d'aiuto del governo ucraino? A questo punto a poco servono le nostre opinioni a favore degli uni o a favore degli altri, neutrali e/o pacifisti. La guerra c’è e al di là di tutte le nostre possibili considerazioni, i bombardamenti distruggono vite ed infrastrutture. Ricordi di guerre passate affiorano alla nostra mente e si confondono con letture, testimonianze di tempi passati e presenti. Come non evocare in effetti le grandi guerre e le riconquiste degli “spazi vitali”, come non ricordare gli errori commessi dai vincitori della Prima Guerra Mondiale di fronte al grande perdente dell’epoca, la Germania, che ha alimentato revanchismo e nazismo? Come non ricordare le blande reazioni degli Stati europei di fronte all’invasione ed annessione dell’Austria da parte di Hitler? Come non ricordare che, caduto il muro di Berlino e l’Unione sovietica, non si doveva umiliare la nuova Russia né isolarla né tantomeno creare intorno alle sue frontiere una morsa della Nato? Come non ricordarsi in tempi più vicini dell’invasione dell’Irak, della distruzione di Aleppo in Siria e tanto altro? Intanto non si riesce neanche a creare corridoi umanitari per mettere in salvo le persone, si bombardano ospedali e i morti si accumulano. L’iniziativa della Turchia per tentare una conciliazione tra il ministro degli Esteri russo e quello ucraino è al momento fallita. L’Europa, seppure ha preso posizione in favore dell’Ucraina, ha il difficile compito di evitare di gettare ulteriormente benzina sul fuoco che porterebbe ad una catastrofe mondiale. Condanna l’azione della Russia ma nei limiti dell’accettabile, anche imponendo pesanti sanzioni. Lo stesso per la Nato che, per evitare di allargare il conflitto ed una escalation ancora più drammatica, non ha potuto rispondere positivamente alle richieste ucraine di chiusura dello spazio aereo ai russi (no fly zone) che avrebbe avuto conseguenze disastrose. Occorrono mediatori in grado di negoziare un cessate il fuoco ma esistono? Nell’intervista al Professor Riccardi, pubblicata sul giornale cattolico “L’Avvenire”, lo storico suggerisce il nome di Angela Merkel che avrebbe la statura politica per avviare una mediazione, anche perché nata in un contesto di guerra fredda in Germania dell’Est e forse avrebbe una visione più ampia della situazione venutasi a creare. Le Chiese cattolica e ortodossa possono operare congiuntamente per la pace? “È ancora possibile sottrarre Kiev alla distruzione - risponde Andrea Riccardi, storico, fondatore della comunità di S. Egidio e già ministro del governo Monti -, alla lotta casa per casa, strada per strada, ed è doveroso farlo per salvare vite umane, per il valore della città - Kiev è la Gerusalemme dell’ortodossia e quindi per l’ortodossia bielorussa, russa e ucraina - e perché sottrarre Kiev alla guerra significa sottrarre spazio allo scontro armato. Kiev non deve diventare Aleppo.” Lo speriamo tutti anche se le immagini che ci arrivano dalle zone del conflitto non ci rassicurano poiché sempre citando il Prof. Riccardi “...il vero dramma - voglio ricordarlo - è proprio quello degli ortodossi, senza contare la difficile situazione dei greco cattolici. Le chiese ortodosse hanno un problema molto serio: l’ortodossia moscovita è divisa tra la Russia e l’Ucraina e il Patriarcato di Mosca si trova nella posizione in cui si trovava Pio XII quando gli rimproveravano i “silenzi” davanti alla guerra mondiale.” Alla domanda se questa guerra cambierà l’Europa, Riccardi ha risposto infine: “Spero di sì e credo che sia inevitabile. Il riarmo tedesco dovrebbe avvenire nel quadro di uno strumento di difesa europeo che oramai diventa urgente e necessario, come pure una politica estera comune. Credo che la guerra ucraina abbia compattato ulteriormente gli europei, dopo che la pandemia li aveva convinti che ci si salva solo insieme. Ma, ripeto, ora bisogna fermare la guerra, perché le guerre del nostro secolo sono interminabili. Siria docet.” In questo drammatico momento ci si interroga anche sulle conseguenze del conflitto in Europa in primis, ma anche nei Paesi che sono legati all’UE tra cui la Tunisia: aumento vertiginoso del barile di petrolio, diminuzione delle forniture di gas di cui buona parte proviene proprio dalla Russia, sotto embargo europeo ed americano, impossibilità di importare grano dall’Ucraina. Aumentano così i rischi d’inflazione e di penuria dei beni di varia natura i cui prezzi si innalzano non poco, in un contesto mondiale già molto provato dagli effetti della pandemia. Per la Tunisia, già in gravi difficoltà economiche, questa guerra avrà conseguenze negative sul portafoglio delle famiglie poiché già è stato annunciato un aumento del pane e intanto vi è una penuria della farina anche nei supermercati, il che, alla vigilia del mese di Ramadan, annuncia tempi difficili per le famiglie non abbienti che si nutrono essenzialmente di derivati del grano ed in particolare di pane. Una nota di chiusura speranzosa: si attende per la prossima stagione estiva un flusso importante di turisti in Tunisia, dovuta anche all’allentamento delle misure restrittive per viaggiare che erano state ovviamente imposte negli ultimi anni a causa della pandemia! Speriamo!
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