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 755 - VIVERE RESPIRANDO L’ARIA DI UN’ISOLA DESERTA

 

I geografi affermano che vi sono due tipi di isole. Si tratta di una informazione preziosa per l'immaginazione poiché in essa vi si trova una conferma di ciò che già si sapeva.

 Le isole oceaniche sono  isole originarie, essenziali: sia che esse vengano formate da coralli, in questo caso si presentano come un vero organismo, sia che sorgano da eruzioni sottomarine, queste portano all'aria libera un movimento dei fondali; alcune emergono lentamente, altre allo stesso modo spariscono e ritornano, queste  a volte non si ha il tempo di inscriverle nella cartografia che scompaiono.  Le isole continentali sono delle isole derivate: esse sono separate da un continente, nate da una disarticolazione, da una erosione, da una frattura, esse sopravvivono all'inabissarsi di tutto quello che le tratteneva. Questo a prima vista sembra essere l’isola di Djerba. Nell’immaginario l’isola rappresenta il sogno, poco importa se angoscioso  o gioioso, l’isola è comunque un territorio separato, diviso  staccato dal continente. All’isola di Djerba comunque  non ci si sente perduti, anzi  è un luogo in cui pur stando su di un isola ci si sente cittadini del mondo. L’isola di Djerba è abitata ma non intensamente, ci sono luoghi e spazi deserti, altri selvaggi, angoli incantati e tratti cementificati brutalmente. E’ l’isola dei contrasti che, per scoprirla è necessario abbandonare i centri turistici. Allora i siti di scoperta sulla costa diventano; Sidi Jmur, una roccia sulla quale è stata eretta un’ antica moschea con il mausoleo dell’omonimo santo, due enormi cisterne sotterranee e un luogo per i sacrifici animali, il tutto domina un vasto panorama marino dove i tramonti diventano momenti contemplativi. Poi spingendosi alla esplorazione con una marcia di alcuni chilometri si può raggiungere Ras er Rmel, una lingua di sabbia bianca persa nel mare dove  i fenicotteri sono di casa, il mare cristallino che si unisce al cielo senza cambiare colore. Un luogo deserto e selvaggio da sacralizzare nella memoria dei ricordi. E poi le campagne interne, gli uliveti ed i palmeti che si perdono a vista d’occhio.  Gli uomini che sono giunti anticamente sull'isola, hanno  occupato parte del territorio  e la popolano; ma di fatto essi  ne rimangono tuttavia  sufficientemente separati. Due aspetti che qui, si possono ancora distinguere nei vasti spazi  di natura spontanea con le zone urbanizzate. Oggi, gli isolani, pur appartenendo a diverse etnie: berberi, arabi, neri, ebrei ed occidentali, donano nell’insieme un'immagine dinamica, una società attiva che vive nonostante le differenti abitudini  armoniosamente insieme, ma nel contempo l’isola rimane nell’immaginario infantile di ogni adulto l’idea di vivere  sull'”isola deserta” in quanto essa si immagina e si riflette nel suo stato selvaggio originario, nei suoi miti Omerici, romani, bizantini ed arabi. Sparsi sull’isola si ritrovano rovine e testimonianze  di un ricco passato cristallizzato nella consapevolezza anche dei suoi attuali abitanti. Vale a dire, che l'essenza dell'isola deserta è immaginaria e non reale, mitologica e non geografica. Allo stesso modo il suo destino è sottoposto alle condizioni umane che rendono possibile la mitologia. L'isola è ciò che il mare circonda, che il mare porta sulla terra e agli uomini. Ma l’isola di Djerba ha avuto storicamente un facile contatto con il continente, una sorta di istmo, un passaggio di sei chilometri coperto dall’acqua che con il variare della marea poteva essere guadato dagli uomini e dagli animali da soma. Una pista d’acqua, una autentica carovaniera sommersa utilizzata sino alla metà  del secolo scorso, oggi un terrapieno asfaltato permette il passaggio delle auto. 

L'oceano e l'acqua imprigionano l’isola e, senza prove provate ma per  semplice intuizione Djerba diviene l’isola sacra della comunità esclusivamente femminile di Circe, il frutto dell’oblio: il loto e l’incanto di Ulisse ritorna con il  mito l’isola deserta. La “dolce isola” l’oasi di pace, le palme che sbocciano tra le basse dune di sabbia coronano le lunghe e bianche spiagge di sabbia. Tutto questo e ancora altro è polverizzato nell’aria di Djerba che non mi permette di morire.

 

Marino Alberto Zecchini

 

 

Ras el Rmel (Capo di sabbia)

 

 

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