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  Cultura
 802 - CORREGGIO E PARMIGIANINO

 

Dal 12 marzo 2016 al 26 giugno le Scuderie del Quirinale scorso hanno presentato la mostra Correggio e Parmigianino. Arte a Parma nel Cinquecento, promossa da Roma Capitale e organizzata da Azienda Speciale Palaexpo.

Attraverso una selezione di capolavori provenienti dai più importanti musei del mondo, la rassegna ha offerto al pubblico un ampio e affascinante panorama su quella straordinaria stagione artistica che si sviluppò a Parma nella prima metà del Cinquecento, mettendo in evidenza come in tale arco di tempo, per la città una vera e propria età dell’oro, questa corte, che pur non primeggiava sotto il profilo geografico-politico, seppe svolgere un ruolo da protagonista nello sviluppo del Rinascimento italiano al pari dei poli culturali di Firenze, Venezia e Roma.

Una simile fortuna si deve in sostanza all’attività dei due prodigiosi astri locali, Antonio Allegri detto il “Correggio” (1489-1534) e Francesco Mazzola detto il “Parmigianino” (1503-1540). Del primo, che si recò a Parma all'apice della carriera per rimanervi tutta la vita, sono esposti, oltre a una selezione di lavori che mostrano la carica emotiva e la gamma di sentimenti espressi nel genere della pittura religiosa, anche alcune opere eccezionali di soggetto mitologico, che ebbero un'enorme influenza sugli artisti successivi. Si sono potuti ammirare  capolavori come la Madonna Barrymore, Il Ritratto di dama, Il martirio di Quattro santi, Noli me tangere, La Scuola di Amore e Danae.  Del secondo, il Parmigianino, la cui carriera lo vide attivo oltre che a Parma anche a Roma e a Bologna, sono esposte non solo le opere di soggetto religioso e mitologico, ma l'accento sarà posto anche sugli spettacolari risultati ottenuti nel ritratto. Tra i capolavori presenti in mostra si ricorda la grande Pala di Bardi, prima opera realizzata dall’artista all’età di sedici anni, il monumentale San Rocco dipinto per la Basilica di San Petronio a Bologna, la Conversione di Saulo, la Madonna di San Zaccaria, la celeberrima Schiava turca e la cosiddetta Antea, tra i ritratti più sofisticati e misteriosi di tutto il Cinquecento. Un'accurata selezione di disegni provenienti dalle più importanti raccolte del mondo mette inoltre in evidenza l'approccio radicalmente diverso dei due maestri al pensiero progettuale: quella sostanzialmente funzionale di  Correggio sarà accostata alla produzione incomparabilmente più ricca e varia di Parmigianino, mosso da un bisogno quasi ossessivo di disegnare. L’esposizione comprende circa cento opere tra dipinti e disegni concessi da oltre cinquanta prestigiosi musei d’Italia, dell’Europa e dell’America.Oltre ai due grandi maestri, che naturalmente saranno i protagonisti del percorso espositivo, la mostra presenterà anche capolavori di altri quattro artisti meno celebri ma straordinariamente talentuosi della Scuola di Parma, Michelangelo Anselmi, Francesco Maria Rondani, Girolamo Mazzola Bedoli e Giorgio Gandini del Grano, a dimostrazione del fatto che uno degli effetti più notevoli della presenza a Parma di Correggio e Parmigianino fu proprio l'emergere di una scuola locale distinta, per caratteristiche di stile e di poetica, da quella tosco-romana o veneta. In questa sezione sono state presentate anche numerose opere poco note, alcune praticamente inaccessibili perché conservate in collezioni private, altre inedite. La mostra  è stata curata dal professor David Ekserdjian, che ha dedicato gli ultimi trentacinque anni allo studio della Scuola di Parma producendo numerose pubblicazioni di pregio, tra cui le monografie su Correggio (1997) e Parmigianino (2006), ampiamente riconosciute come fondamentali contributi allo studio dell'arte italiana del Cinquecento.

Correggio e Parmigianino sono tra gli artisti più importanti ed emozionanti del Cinquecento italiano, capaci di trasformare la città di Parma in un centro artistico di spicco nel giro di pochi, magici decenni. È impossibile comprendere appieno la portata dei loro traguardi artistici senza visitare la città, soprattutto per i magnifici affreschi che vi hanno lasciato. A Correggio va il merito di aver dipinto, con audace illusionismo, i tre affreschi della Camera di San Paolo, di San Giovanni Evangelista e del Duomo, eseguiti tra la fine degli anni dieci del cinquecento e la morte. A sua volta Parmigianino, verso l'inizio della carriera, nei primi anni venti del secolo, affrescò tre cappelle in San Giovanni Evangelista e, nell'ultimo decennio della sua vita, la volta del presbiterio di Santa Maria della Steccata. Alla luce delle opere esposte apparirà chiaro che, per quanto Parmigianino sia stato profondamente influenzato dall'esempio del Correggio, e non solo nei primi anni della sua parabola artistica, si tratta di personalità molto diverse. Nel complesso, Correggio era il più ardente ed emotivo dei due, sempre mosso dal desiderio di dare espressione all’intera gamma dei sentimenti umani, dalla gioia al dolore. Nelle sue opere, la gioia può assumere connotazioni sia religiose sia sensuali: egli è altrettanto brillante nel restituirci l’incanto della Vergine Maria dinanzi al miracolo della nuova maternità, come l'emozione della mortale Danae posseduta dal dio Giove. Al tempo stesso, Correggio è capace di trasmettere il dolore della Madonna per la morte del figlio come l'estasi dei martiri che godono della visione salvifica pur nel mezzo della selvaggia carneficina di cui sono vittime. L’arte del Parmigianino è volutamente lontana da una simile carica emotiva, ma non per questo meno affascinante. Le sue opere religiose racchiudono un lavoro pittorico d’incomparabile eleganza, in cui il relativo distacco dei protagonisti è comunicato soprattutto attraverso la raffinatezza e la grazia dei movimenti e delle pose. Fa ovviamente eccezione il suo approccio alla ritrattistica, genere in cui superava senza fatica persino il Correggio. In questi dipinti, ben rappresentati in mostra, l’immediatezza penetrante nella resa degli effigiati è distante anni luce dall’atmosfera delle sue composizioni religiose e mitologiche.

Con tutte le loro differenze, Correggio e Parmigianino condividono un’altra caratteristica fondamentale: l’instancabile evoluzione della loro arte. Il percorso della mostra è organizzato in modo da seguirne i mutamenti nel corso del tempo e sottolineare lo straordinario processo di trasformazione che coinvolge non solo lo stile di dipinti e disegni, ma anche i modi di rappresentare il principale soggetto della loro pittura, vale a dire la figura umana in tutta la sua esaltante varietà. 

Antonio Allegri, detto il Correggio, prese il nome dall’omonima cittadina non lontana da Parma in cui nacque, probabilmente intorno al 1489. Come accade di solito, divenne noto col nome di Antonio da Correggio solo dopo aver lasciato la città natale per recarsi a Parma, alla fine degli anni dieci del Cinquecento. Qui affrescò la Camera di San Paolo e nei primi anni venti del secolo Parma sembra essere la sua residenza principale, anche se non l’unica. I quadri, come la Madonna col Bambino e il Matrimonio mistico di Santa Caterina con sant’Anna, San Francesco e San Domenico entrambi provenienti da Washington e probabilmente risalenti al 1510-1512, rivelano la profonda influenza di Andrea Mantegna, sia nella tipologia delle figure sia negli schemi compositivi. Fino alla morte, avvenuta nel 1506, Mantegna fu pittore di corte a Mantova, e dai documenti risulta che nel 1512 Correggio fosse in contatto con uno dei suoi figli residente in quella città. L'importanza del modello mantegnesco è evidente anche nella Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne di Strasburgo, eseguita all’incirca nello stesso periodo, di particolare interesse anche perché è la prima scena notturna di Correggio. Queste prime opere sono delle miniature, il Correggio solo con il David davanti all'Arca dell'Alleanza, avrebbe dato prova di poter lavorare a un progetto di scala ben più ambiziosa con sorprendente sicurezza. Fin dall'inizio della sua carriera, o quasi, Correggio sembra affascinato dai soggetti insoliti: il Commiato di Cristo dalla madre, altrettanto memorabile è il Ritratto di dama dall'Ermitage,  mentre nel Riposo durante la fuga in Egitto con san Francesco, la diagonale ascendente che va da san Francesco, a destra, fino a san Giuseppe, a sinistra, prefigura già quell’audacia spaziale che sarà uno dei maggiori traguardi della maturità dell’artista.

Se la parabola artistica del Correggio ebbe un inizio graduale, per quella di Francesco Mazzola, detto il Parmigianino è vero il contrario, dal momento che già negli anni dell’adolescenza era un artista di prodigiosa compiutezza. Nato nel 1503, all'età di sedici anni aveva già eseguito la pala con il Battesimo di Cristo, oggi a Berlino. Tutto lascia pensare che il lavoro più importante in mostra sia lo Sposalizio mistico di santa Caterina, dipinto dal Parmigianino durante la sua assenza forzata da Parma assediata dai francesi; l’opera ribadisce con forza un’emozionante originalità che col tempo non avrebbe fatto altro che aumentare. Altrettanto evidente è il talento di ritrattista che il Parmigianino dimostra in pratica fin dall'inizio, i ritratti da lui eseguiti in varie fasi della carriera sono affiancati a quelli di Correggio e Francesco Maria Rondani. Spicca tra tutti il Ritratto di Lorenzo Cybo, risalente probabilmente al 1525 circa, poco tempo dopo il trasferimento dell’artista a Roma. A Bologna il Parmigianino dipinse le opere più importanti e più imponenti, come San Rocco, in cui il santo protettore degli appestati è raffigurato con lo sguardo levato al cielo in atteggiamento di supplica, a questo si affianca la Conversione di Saulo. Anche qui, naturalmente, il santo è raffigurato con gli occhi levati al cielo, ma è stato appena accecato e non può vedere. Un’atmosfera di ancora più intima comunione è rappresentata dalla Madonna di san Zaccaria, dove il gruppo delle figure esprime una notevole fusione di sensuale intimità e apparente idealizzazione da un lato e meticoloso realismo dall’altro.

 

Adriana Capriotti

 

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