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NOSTRI PROBLEMI Anche quest’anno per la festa della Repubblica i connazionali hanno dovuto rinunciare al tradizionale incontro in residenza d’Italia per evitare rischi inutili di assembramento difficilmente controllabile in tempi di pandemia. Simbolicamente importante per gli italiani e gli amici tunisini, la non significativa decrescita del terzo picco pandemico e le allarmanti dichiarazioni dei responsabili della sanità sul numero dei contagi con una campagna di vaccinazione lenta che non riesce ad attecchire in molte zone (si pensi che nel governatorato di Kairouan solo 7% della popolazione si è iscritta sulla piattaforma Evax.tn) ha impedito questo incontro conviviale. Iniziative all’insegna della solidarietà sono state però realizzate per la Festa della Repubblica dall’Ambasciata d’Italia come la consegna di pasti con pietanze della cucina italiana al personale medico dell’Institut Pasteur e dell’ospedale Abderrahmen Mami dell’Ariana. Un’altra iniziativa sempre all’insegna della solidarietà è la futura donazione del Gruppo San Donato all'ospedale di Tunisi della Rabta di macchinari all'avanguardia, che permetteranno di realizzare operazioni di cardiochirurgia pediatrica. Molti italiani impiegati nelle Istituzioni e non, stanno facendo uno sforzo particolare per aiutare la Tunisia in questi tempi difficili affinché vicinanza, coinvolgimento, desiderio di cooperare ad una ripresa, seppur nei tempi lunghi, permetta a questo piccolo ed amato Paese di ritrovare il cammino della crescita. La situazione economica non è delle più rosee e spesso si è tentati a rinunciare ma per la maggior parte si tiene duro e si continua a credere nelle potenzialità di questo Paese. Per questo occorre però fare uno sforzo per evitare, come dicono i francesi, di buttare l’acqua sporca con il bambino. In momenti di crisi, di paura e di perdita di fiducia, le tensioni si aggravano e spesso vanno oltre il dovuto. Crediamo però che solo i fatti e la loro obiettiva divulgazione possano evitare in caso di conflitto delle parti questo crescendo di tensione e permettere così di riuscire a non essere né vittime né carnefici. Mai come oggi il ruolo della stampa come espressione di fatti verificati debbono essere rivendicati poiché non c’è libertà senza verità e non c’è giustizia senza neutralità. La campagna di vaccinazione procede in Tunisia ma si scontra con la realtà dei molti che non si iscrivono sulla piattaforma Evax poiché non tutti dispongono di una connessione internet ed anche perché è mancata una reale campagna di sensibilizzazione della popolazione tunisina che non coinvolga solo le grandi città. Una grande incongruenza per chi viaggia dalla Tunisia all’Italia è l’obbligo, pur avendo fatto le due dosi di vaccino riconosciuto dall’UE, di mettersi comunque in quarantena per dieci giorni arrivando sul suolo italiano. Non è una regola dell’Unione Europea poiché le stesse norme non sono applicate per chi va in Francia. Due pesi due misure? Dall’Italia alla Tunisia chi è vaccinato in effetti non ha bisogno di stare in quarantena. Non possiamo concludere questo editoriale senza citare il preoccupante clima di violenza e di aggressività che si sta espandendo anche in Italia. Seid Visin, ventenne, italiano d’origine somala, morto suicida per ragioni a noi sconosciute scriveva nel 2019: “Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone”. Qualunque siano le ragioni di questo gesto estremo ed anche se non sono conseguenza dello sguardo “schifato” degli altri, sentire che a neanche vent’anni sei emarginato per il colore della tua pelle è qualcosa che ci interroga su com’è mai stato possibile trasformarsi in questo modo.
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NOSTRI PROBLEMI In occasione della 107esima giornata del Migrante e del Rifugiato, Papa Francesco ha scritto: “...siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità.” Se i morti in mare si accumulano nel Mediterraneo nell’indifferenza quasi generale, salvo essere un tema di posizionamento politico, la pandemia Covid-19 ci ricorda che i muri eretti non ci evitano i contagi e che o salviamo tutti o nessuno. In questo contesto fare riferimento ad un “noi tutti” non è propaganda politica ma la riflessione da cui tutti dovremmo partire nella misura in cui, come delineò il matematico Lorenz, l’effetto farfalla “è rappresentativo di un qualsivoglia piccolo cambiamento nelle condizioni iniziali del sistema che conduce a conseguenze su scale più grandi”. In altri termini, e se trasponiamo questo concetto in chiave sociologica, ogni evento pur considerato minimo si ripercuote sulle nostre esistenze. Non possiamo quindi essere indifferenti al mondo poiché il mondo siamo noi. In questo senso, la decisione degli USA di revocare la protezione sulla proprietà intellettuale dei brevetti sui vaccini anti Covid-19 ci sembra una mossa molto coraggiosa da parte dell’amministrazione di Biden. In effetti, questa pandemia, vissuta a livello globale, soffre di un trattamento non paritario: Paesi in cui la popolazione usufruisce di una vaccinazione a tappeto, Paesi che ricevono le dosi di vaccino col contagocce, Paesi infine che non hanno neanche iniziato la campagna di vaccinazione. Come ha dichiarato la rappresentante USA per il commercio Katherine Tai “si tratta di una crisi sanitaria mondiale e le circostanze straordinarie della pandemia invocano misure straordinarie”. L’UE da canto suo si è dichiarata piuttosto favorevole all’iniziativa americana, considerandola una vera svolta per permettere l’accessibilità al vaccino senza discriminazioni tra Paesi ricchi e Paesi poveri e la Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen ha commentato la proposta americana affermando che: “L’UE è pronta a discutere qualsiasi proposta che affronti la crisi in modo efficace e pragmatico. Questo è il motivo per cui siamo pronti a discutere di come la proposta degli Stati Uniti per una deroga alla protezione della proprietà intellettuale” dei brevetti “per i vaccini anti-Covid potrebbe aiutare a raggiungere tale obiettivo”. In effetti, o si salvano tutti o nessuno. L’Italia si è dichiarata favorevole all’iniziativa che vedrebbe l’accessibilità al vaccino per tutti e le parole del Ministro della Salute Speranza vanno in quel senso: “La svolta di Biden sul libero accesso per tutti ai brevetti sui vaccini è un importante passo in avanti. Anche l’Europa deve fare la sua parte. Questa pandemia ci ha insegnato che si vince solo insieme”. Le case farmaceutiche hanno ovviamente reagito negativamente alla decisione americana di sospendere i brevetti. La Federazione Internazionale delle Aziende Farmaceutiche (AIFA) ha fatto da Ginevra una dichiarazione nella quale afferma che pur essendo d’accordo con una distribuzione rapida ed equa del vaccino, contesta la decisione di sospensione poiché: “una sospensione è una risposta semplice ma sbagliata ad un problema complesso”. In Tunisia, l’aumento esponenziale dei contagi in pieno periodo di Ramadan, abituale mese della convivialità, e la paura delle varianti specie dalle vicine Algeria e Libia, ma anche dall’Europa, hanno costretto il governo, seppur con molte esitazioni, ad un semi-confinamento del Paese anche se notiamo che molte delle norme non sono applicate. Per l’Aid, che segna la fine di Ramadan, ci saranno anche misure che tenteranno di ridurre i tradizionali spostamenti della popolazione, ma come ridurre le visite di casa in casa che generalmente caratterizzano queste festività? Le misure che al momento si applicheranno sino al 16 maggio per i viaggiatori in provenienza dall’estero prevedono un isolamento in alberghi per una settimana a spese del viaggiatore. Sono esclusi da questo confinamento chi è già stato vaccinato e risulta negativo al test PCR. Dopo l’Aïd, che auguriamo felice a tutti i tunisini, malgrado le norme sanitarie in atto, le relazioni bilaterali Tunisia-Italia saranno molto attive poiché è prevista la visita del Presidente Kais Saïed a Roma dietro invito del Presidente Sergio Mattarella, a cui dovrebbe seguire quella del Capo del Governo Hichem Mechichi e la visita di Luciana Lamorgese a Tunisi. Non possiamo non concludere questo nostro editoriale con un doppio cordoglio: quello per l’amico ed intellettuale Padre Bianco Jean Fontaine, deceduto in questi giorni a Tunisi, e per il fondatore del giornale Jeune Afrique, Bechir Ben Ahmed.
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NOSTRI PROBLEMI Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, accompagnato dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha effettuato la sua prima visita all’estero in Libia dove ha incontrato il Primo Ministro libico Abdulamid Dabaiba. Questa visita riveste per il governo italiano una grande importanza poiché nella carta degli interessi internazionali manifestatisi dopo la caduta di Gheddafi, l’Italia era rimasta emarginata. A pochi giorni di distanza il Presidente tunisino Saied è andato in visita in Egitto, attività che ha teso alla normalizzazione dei rapporti che, dopo la caduta del governo di Morsi, erano contrastati. Sia quindi orizzontalmente che verticalmente stiamo assistendo a tentativi di cambiare i rapporti di forza tra ovest ed est, tra nord e sud. La Libia non è però completamente pacificata e la presenza di milizie sostenute dalla Turchia e dalla Russia ci indicano che interessi degli uni e degli altri debbono ancora essere negoziati. Certo il governo di unità nazionale è un primo passo per assicurare la ricostruzione del Paese ma è anche chiaro che questa fa gola a tanti e che la Libia troverà il suo equilibrio non tanto internamente, ma nel gioco degli equilibri delle potenze regionali e internazionali. Non sarà quindi semplice una ricostruzione del Paese che “rispetti la piena sovranità libica”. Per l’Italia ha detto Draghi è “il momento di ricostruire quella che è stata un’antica amicizia” a patto che “il cessate il fuoco continui”. Questa riconciliazione nazionale permetterebbe all’Italia ed alla Libia di ritrovare il livello di collaborazione di alcuni anni orsono. “È stato un incontro straordinariamente soddisfacente, ha ribadito il Presidente del Consiglio italiano, abbiamo parlato della cooperazione in campo infrastrutturale, energetico, sanitario e culturale. L'Italia aumenterà le borse di studio per gli studenti libici e l'attività dell'Istituto di Cultura italiano", sottolineando che l’Italia è stato l’unico Paese a non aver chiuso la propria Ambasciata a Tripoli anche nei momenti di maggior insicurezza. Se per l’Italia la pacificazione della Libia è un fattore fondamentale per la ripresa delle relazioni economiche e culturali, anche la Tunisia, Paese di frontiera, è interessata a ristabilire relazioni che non sfuggano al suo controllo come la massiccia esportazione in Libia di elementi terroristici e non ultima la piaga del contrabbando. Molto più complessa è però la questione migratoria ed il ruolo della Libia per frenare l’emigrazione clandestina evocata durante la visita lampo di Draghi. “Sul piano dell'immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e nello stesso tempo l’aiutiamo e l’assistiamo. Ma il problema non è solo geopolitico, è anche umanitario e in questo senso l'Italia è uno dei pochi Paesi che tiene attivi i corridoi umanitari". Questa affermazione del Premier italiano è stata molto commentata in particolare dalle ONG che si sono dedicate in questi ultimi anni a salvare vite in mare. Sappiamo in effetti che vi è stato un traffico inumano di migranti in Libia ridotti in semi schiavitù ad opera di milizie che hanno prosperato sui proventi possibili ottenuti a scapito di ogni forma di dignità umana. Organizzazioni non governative, servizi televisivi, testimonianze, articoli di giornali ci hanno mostrato un trattamento dei migranti che ci fanno dubitare della “soddisfazione” espressa da Draghi nella politica libica dei “salvataggi”. Tutti noi ricordiamo il panico espresso dai migranti all’idea di dover essere ricondotti in Libia. La questione della regolamentazione dei flussi migratori se deve essere necessariamente negoziata non può eludere la questione dei diritti umani e del rispetto della dignità dei singoli senza i quali continuerà ad esserci la tratta degli esseri umani. Problema simile si pone alle relazioni tra la Turchia di Erdogan e l’Unione Europea: trattare con la Turchia per fare scudo all’emigrazione clandestina significa abdicare ai valori dei diritti fondamentali, valori sempre rivendicati tra l’altro dall’UE? Come costruire un mondo vivibile è forse la domanda che ci preoccupa maggiormente per il futuro quando vediamo che autoritarismi, intolleranza, indifferenza, paure ci velano la nostra ineluttabile condizione di esseri umani. In Tunisia, seppur con lentezza estrema, le vaccinazioni contro il Covid procedono e vi invitiamo ad iscrivervi sul sito EVAX.tn poiché ad oggi, anche se tra mille dubbi, questa è l’unica soluzione per sperare in un possibile ritorno alla normalità. La Tunisia, di fronte ad una ripresa inquietante della pandemia, è da una parte spinta all’apertura delle attività per fronteggiare la crisi sociale ed economica, ma dall’altra il mondo scientifico chiama alla prudenza poiché la risalita dei contagi è un reale pericolo che si rischia di non riuscire più a fronteggiare. Nei prossimi giorni inizia il mese di Ramadan e auguriamo ai musulmani che, in questo contesto di crisi sanitaria ed economica, non sia troppo difficile! Buon 25 aprile! >> Leggi.....
NOSTRI PROBLEMI Come ci ricorda Andrea Riccardi, “la morte di un uomo richiama, almeno per un momento, al valore e al senso della sua vita.” L'assassinio dell'Ambasciatore Luca Attanasio, del Carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro Autista Mustapha Milambo in Congo ci riporta tragicamente nel mondo, noi che da almeno un anno ci interessiamo a ciò che ci circonda molto più in funzione della curva ascendente o discendente della pandemia di Covid-19 o delle sue varianti che in merito alle guerre e guerriglie che devastano tanti Paesi. Due avvenimenti hanno riportato il nostro sguardo su un altrove da cui l’indifferenza, la lontananza e l’inevitabile chiusura delle nostre frontiere mentali e fisiche dovute anche a questo maledettissimo virus, ci avevano allontanati: la tragica situazione di un Paese dove lo Stato non è in grado di assicurare l’incolumità né ai suoi cittadini né agli stranieri che ci risiedono, straziato da milizie che hanno fatto della violenza cieca il loro inno di potere e, la visita del Papa Francesco in Iraq, altro Paese in cui la violenza ed il terrorismo, dopo aver regnato sovrani per anni, continuano con attentati, assassinii, povertà ed instabilità ad insanguinare questa regione, culla della nostra civiltà. Nel 2018, il pastore congolese Denis Mukwege, premio Nobel della Pace, aveva denunciato gli orrori commessi nel suo Paese, le mutilazioni e le tragiche violenze in atto alle quali lui in quanto medico era testimone, facendo notare come un Paese così ricco di materie prime fosse nel mirino di Paesi economicamente forti e come gli interessi internazionali superassero di molto gli interessi di un’umanità dolente che invece di migliorare le sue condizioni di vita le peggiora. Il Congo è in effetti un grande produttore di rame, piombo, diamanti, oro, germanio, argento, manganese, coltan ed altre materie prime, possiede la seconda più grande foresta equatoriale al mondo, dopo quella brasiliana, ed è ricco di risorse idriche e di legname eppure la sua popolazione, col bene placito delle potenze economiche, è tra i Paesi più poveri e più sofferenti. L’assassinio dell’Ambasciatore Attanasio e del Carabiniere Iacovacci (se fossero morti solo congolesi avremo avuto un semplice trafiletto informativo!) ci fa riflettere sul senso che diamo alla nostra vita e su cosa significhi oggi essere un diplomatico e un militare, dando seppur tragicamente a questi ruoli il senso pieno di missione e non solo di rappresentanza. In questo senso l’emozione condivisa dagli italiani per l’assassinio di due connazionali, impegnati in un’azione umanitaria, è stata molto forte poichè ha mostrato che l’azione diplomatica può significare dono di sé, abnegazione, attenzione agli altri e che oggi essere diplomatici non si riassume con meri rapporti mondani. Certo questa coscienza ha avuto un’ingiusto e terribile prezzo! Il nostro umanesimo è stato sollecitato anche dalla visita coraggiosa del Papa in Iraq, che ci ricorda, semmai l’avessimo dimenticato, che le guerre fratricide toccano l’umanità intera, che i soprusi e le violenze contro chi è diverso o ha un’altra fede religiosa, soprattutto se commesse in nome di una pretesa superiorità etnica e religiosa, contraddicono l’idea stessa di un Dio, che è di tutti e per tutti. L’Iraq è un mosaico di religioni ed etnie e Papa Francesco dopo la violenza dello Stato islamico di Daesh, ha cercato di ritessere le fila della pace, della tolleranza, della lotta alla miseria e all’instabilità politica, senza occultare la responsabilità internazionale in questa disgregazione del Medio Oriente. Certo il suo messaggio era religioso ma era anche politico: essere cittadini di una nazione in effetti significa poter accedere agli stessi diritti e doveri, indipendentemente dal credo, dal colore della pelle, dal genere! Che sia un Papa a ricordarci i diritti fondamentali dell’uomo restituisce alla politica il suo ruolo profondamente etico. In Italia le dimissioni di Zingaretti hanno creato un profondo disagio nel PD e sono state abbondantemente commentate dai giornali e dai social. Un partito in crisi o un partito in via di implosione? Un partito in cerca d’identità o un partito irrimediabilmente senza identità? Forse è il momento per il PD di ripensare a sé stesso ed ai suoi valori in modo che pochi o molti si possano riconoscere in esso. In Tunisia aspettiamo sempre l’arrivo dei vaccini, ma alle dichiarazioni d’intenti non seguono fatti ed intanto la situazione economica continua a degradarsi inesorabilmente con grande inquietudine dei cittadini!
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