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In Tunisia
La Chiesa cattolica in Tunisia non rappresenta una novità, piuttosto contribuisce, in maniera senza alcun dubbio significativa, alla vita sociale del Paese e rimane testimone, nonché custode, di quella memoria storica che affonda le proprie radici nella Chiesa cartaginese. È in questo periodo storico, infatti, che operano in Tunisia i Padri della Chiesa come Tertulliano, Cipriano ed Agostino. A quest’ultimo poi sono legate le figure di altri due santi, di origine berbera, Fulgenzio di Ruspe e Quodvultdeus. E forse della stessa origine berbera era anche il tunisino San Vittore I che fu il 14° Papa della Chiesa romana. Da allora, sotto alterne vicende e dopo l’avvento dell’Islam, quella fiammella di spirito cristiano non si è mai spenta ed oggi, più che mai, si rinnova facendosi esempio di tolleranza e rispetto. Di questo compito educativo della Chiesa in Tunisia ne abbiamo chiesto conferma a Padre Jawad Alamat [1], parroco di Cartagine e Segretario Generale delle Scuole Cattoliche in Tunisia. “Come parroco, come arabo, nonché come Segretario Generale delle scuole private che appartengono alla Chiesa Cattolica in Tunisia, sono a contatto con la realtà del Paese da più di vent’anni e qui la Chiesa ha contribuito in misura umile, ma altrettanto forte ad educare i giovani alla tolleranza, al rispetto per la persona umana. La nostra è una piccola comunità ma forte poiché, anche se ciò può sembrare una debolezza, in realtà essa è dinamica, presente, in continuo rinnovamento e contribuisce allo sviluppo della società! Rappresentiamo, proprio per queste ragioni, una Chiesa di presenza e non di esistenza. La situazione è diversa in Medioriente poiché la comunità cristiana è autoctona ed è più numerosa, mentre, in Tunisia i fedeli sono rappresentati per lo più da gente di passaggio e questo è un elemento di fragilità. Quello che difendiamo, quindi, sono i valori fatti di incontro con le persone, di collaborazione con il popolo per la promozione dell’uomo. In questi territori la proposta della Chiesa è dunque quella di progettare per l’uomo indipendentemente dalle origini, dalla religione, ecc.” Padre qual’è dunque il vostro approccio con l’Islam e con le giovani generazioni? “Oggi, nel portare avanti questo compito delicato, la Chiesa cattolica si ispira, tra i diversi documenti, alla dichiarazione Nostra Aetate [2] che risale al Concilio Vaticano II. Da credenti, infatti, analizziamo ciò che accomuna l’Islam al Cristianesimo per il bene dell’uomo. La Chiesa ha una sua missione, in questo Paese, che non ha a che fare con il proselitismo, piuttosto con la testimonianza di una fraternità universale che parte dal presupposto che abbiamo un unico Dio come padre di tutti. Nelle nostre scuole studiano circa 7.000 tunisini, tutti di religione musulmana, a noi affidati dai loro genitori con fiducia e con riconoscimento verso il nostro sistema formativo. Appare significativo, inoltre, ricordare come già il Bey nel 1838, prima dell’avvento del protettorato francese, chiese alle suore di San Giuseppe dell’Apparizione di aprire una scuola nel cuore della medina di Tunisi per l’educazione e l’istruzione delle ragazze. Quest’ordine, già operante in altre zone del Nordafrica dove godeva di un’ottima reputazione, s’installò a Tunisi a partire dal 1840. Nell’educazione impartita dalle nostre scuole, si cerca di valorizzare il senso di appartenenza dei tunisini al Paese nonché alla sua ricca storia fatta di millenni e di diverse civilizzazioni. Lo studio della religione musulmana fa parte del programma di educazione nazionale tunisina e nei nostri istituti viene impartita in una maniera giusta ed aperta. La nostra forza, ripeto, rimane non solo l’insegnamento ma soprattutto la proposta educativa.” Esistono diverse scuole private che appartengono alla Chiesa cattolica in Tunisia. Gli studenti che frequentano le vostre scuole a quali classi sociali appartengono? “I giovani che studiano nei nostri istituti sono figli di alti funzionari ma anche delle classi più umili della società tunisina. Le scuole, invece, sono diverse: cinque dislocate nella Capitale ed altre in città, a Nord del Paese, come Ain Draham, Bizerta, Menzel Bourguiba; una anche a Sousse. Esse fanno parte del sistema educativo privato tunisino e contribuiscono alla formazione dei cittadini tunisini insieme ad altre istituzioni scolastiche private e non.” Rispetto al passato la Chiesa in Tunisia ha un po’ retroceduto? “Per certi versi sì, poiché mancano le vocazioni, ma questo resta un fenomeno che ha riguardato le aree più interne del Paese, quelle cioè poste a confine col deserto, mentre questa presenza della Chiesa è andata rafforzandosi in maniera del tutto naturale nei centri più popolati. Ricordo che fino a qualche anno fa, in una delle zone più interne e difficili del Paese, a Kasserine, esisteva ancora una piccola comunità di suore: le piccole sorelle di Gesù.” Sulla base di quanto da lei sostenuto, pensa che questo sistema educativo della Chiesa cattolica ha potuto contribuire a formare la società civile tunisina? Nell’arco di un secolo, per non parlare delle esperienze pregresse, la Chiesa ha contribuito ad educare migliaia di tunisini in maniera umile e discreta concorrendo senza dubbio a formare delle generazioni coscienti e più sensibili a concetti di tolleranza, rispetto reciproco e bene comune. Questa generazione di uomini e donne è presente oggi nelle diverse realtà sociali tunisine e quindi, immancabilmente, nella società civile che condivide questi valori. Il nostro interesse oggi è servire questo popolo, così come è stato già fatto in passato, partendo dalle loro esigenze. Orbene la domanda che ci poniamo oggi è come poter aiutare al meglio questa rinnovata società tunisina! Abbiamo visto che questo Paese ha fatto progressi eccezionali, soprattutto in rapporto alla società civile, sempre più forte e cosciente del suo ruolo di controllo, sostegno e difesa dei valori di libertà e democrazia. Per questo ritengo che sia molto importante l’incontro con i segretari generali delle scuole cattoliche del Medioriente e del Nordafrica che si terrà a Cartagine a novembre di quest’anno e che avrà come tema principale “l’educazione e la società civile”. A questo evento parteciperanno anche altri attori della società civile tunisina ed esso avrà lo scopo di portarci a riflettere su come poter lavorare tutti insieme per il bene comune del Paese. La Chiesa resta fiduciosa nella capacità del popolo tunisino di continuare il cammino positivo per il bene dell’uomo e della società e, per sua parte, continuerà a servire questa società in maniera umile per un futuro migliore.” La testimonianza di Padre Jawad è sicuramente interessante poiché evidenzia una verità che non tutti conoscono o che non tutti sono disposti ad accettare, vale a dire questo ruolo determinante ma altrettanto silenzioso della Chiesa in Tunisia, che contribuisce, insieme alle altre componenti della società civile tunisina, a sviluppare una società basata sui valori del rispetto, della libertà, della tolleranza e della democrazia. È sulla base di queste premesse che la Chiesa intende collaborare in questo Paese per l’edificazione di una società più giusta, più fraterna e solidale. Giovanni D’Auria [1] Jawad Alamad è un prete, di origine giordana, Segretario Generale delle Scuole Cattoliche in Tunisia. [2] Pubblicata nel 1965, la dichiarazione Nostra Aetate, tra i diversi punti trattati, riserva la stima verso le genti dell’Islam. Non a caso in questo documento vengono valorizzati i punti di contatto dell’Islam con i cristiani: credono nel Dio di Abramo; riconoscono Gesù (anche se non come figlio di Dio bensì come profeta) e Maria; riconoscono necessaria la Preghiera, l’elemosina ed il digiuno.
Facciata della chiesa di Sidi Dhrif
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