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  In Tunisia
 810 - “Democrazia di prossimità” e “libera amministrazione”

 

La Tunisia resta in attesa del codice delle collettività locali e dell’orientamento della futura Corte costituzionale sul riparto delle competenze tra Stato e Regioni.

La Faculté de Sciences Juridiques, Politiques et Sociales de Tunis rappresenta, ancora una volta, in Tunisia una delle istituzioni protagoniste, sia per l’importante produzione giuridica, soprattutto successiva alla  Costituzione del 2014, sia per l’importante numero di convegni realizzati e volti a sviluppare il dibattito sulle necessarie riforme costituzionali che impegnano la politica. In questa occasione è la Scuola di Dottorato che ha organizzato un colloquio, tenutosi nelle giornate del 23 e 24 febbraio 2017, sul tema della decentralizzazione nel progetto del codice delle collettività locali che, tuttora, resta all’esame dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo.

Nel suo rapporto introduttivo il Professor Mohamed Sayari ha ricordato come nella vecchia Costituzione del 1959 esistesse un solo articolo dedicato ai governatorati, a differenza del nuovo testo che, invece, dedica l’intero capitolo VII alla decentralizzazione. La vecchia Costituzione, in ragione di questo limite, ha spiegato il docente, non ha permesso lo sviluppo di un diritto costituzionale locale, diversamente da quello che potrebbe fare la nuova, in quanto essa proclama la libertà di agire delle collettività locali. Ma la libera attività degli enti locali, ha continuato Mohamed Sayari, trova un limite nelle stesse disposizioni costituzionali poiché pur essendo il potere locale imperniato sulla decentralizzazione, conformemente al disposto di cui agli articoli 130 e 131 della Costituzione, si ribadisce, comunque, il carattere unitario dello Stato tunisino ex art. 14 Cost.. E proprio siffatto carattere, unitamente all’affermazione del principio della libera amministrazione, ha sostenuto Sayari, fanno in modo che le collettività locali possano amministrarsi liberamente nei limiti, appunto, dell’unità dello Stato. Le collettività locali, recita l’art. 132 della Costituzione, gestiscono, infatti, l’interesse locale conformemente al principio della libera amministrazione e ciò attribuisce una portata normativa al suddetto principio. Ed in verità, ha proseguito il Professore, anche il progetto di codice delle collettività locali riserva un posto di primaria importanza alla libera amministrazione. La Costituzione, pertanto, garantisce l’autonomia istituzionale e funzionale delle collettività locali di cui all’art. 132. Quest’ultime, inoltre, proprio in ragione della loro riconosciuta autonomia costituzionale, vengono gestite da Consigli eletti (art. 133 Cost.), mentre i Consigli municipali e regionali, sempre ai sensi dell’art. 133, sono scelti a suffragio universale, libero, diretto, segreto, onesto e trasparente. In merito agli affari locali, ha continuato Sayari, l’art. 13 del progetto di Codice delle autonomie locali affida la questione della loro gestione alle collettività locali. La libera amministrazione, più volte rimarcata nel testo costituzionale, fa notare il professore, rappresenta una libertà di agire ed il legislatore, quindi, dovrà intervenire sempre nel rispetto del principio di sussidiarietà. L’art. 134, inoltre, affida alle collettività locali un potere regolamentare che si rapporta alle loro funzioni ed anche il progetto di codice delle collettività locali si allinea a questi princìpi. Nella nuova Costituzione il potere regolamentare delle collettività locali è un potere riconosciuto sia in materia di competenze proprie, sia in rapporto a quelle concorrenti che a quelle delegate (art. 134 Cost.). Tutte le competenze di una collettività, stando a quanto affermato da Sayari, debbono trovare necessariamente il proprio fondamento in una disposizione legislativa, in conformità anche a quanto previsto dall’art. 65 della Carta costituzionale, poiché, tra i testi che devono essere adottati sotto forma di legge ordinaria, figura anche quello relativo al potere locale. L’autonomia finanziaria delle collettività, invece, trova la sua collocazione sistematica negli articoli 135, 136 e 137 della Costituzione. Sono previste, infatti, ha seguitato a dire il giurista, delle risorse proprie delle collettività locali, a fianco di quelle statali, come anche un potere di libera utilizzazione delle risorse che è espressione del principio più generale di “libera amministrazione”. Rimangono, comunque, aperte le questioni relative al trasferimento delle competenze mentre i meccanismi di perequazione restano appannaggio dello Stato. Il carattere unitario di quest’ultimo riflette il suo rapporto con le collettività locali e, sempre in virtù del controllo statale sulle collettività, ha evidenziato Sayari, è possibile parlare di una libera amministrazione, che trova oggi la sua sistemazione nell’art. 138 Cost., ma che, non può, in nessun caso, sopprimere questo controllo a posteriori stabilito dal Costituente ed attribuito, anche se non specificato in Costituzione, ad un’autorità amministrativa statale, la quale potrà essere sostituita successivamente dal giudice amministrativo.

Il “carattere unitario dello Stato” significa, ha spiegato sempre il giurista, che le collettività locali esercitano delle competenze dello Stato come anche la conclusione di trattati internazionali senza che esse abbiano attribuita la qualifica di soggetti di diritto internazionale. Le convenzioni stipulate restano degli atti amministrativi sottoposti al controllo di legalità. Tutte queste possibilità riconosciute dalla nuova Costituzione alle collettività locali potranno essere effettive solo con l’entrata in vigore dell’attuale progetto di codice delle collettività locali. La Professoressa Narjess Djedidi, intervenuta successivamente, ha cominciato il suo discorso sostenendo che il potere centrale non può da solo occuparsi di tutti gli affari della nazione e che il dispotismo può essere scongiurato dall’autonomia locale in grado di garantire la democrazia e favorire l’equilibrio del potere. La decentralizzazione, secondo la giurista, necessita di alcuni principali elementi tra cui: la presenza di un’autorità locale indipendente; l’esistenza di affari locali e la prevalenza dell’interesse generale secondo quanto stabilito dalla normativa statale. Questa autonomia, ha dichiarato Djedidi, viene espressa chiaramente dall’art. 132 della Costituzione ai sensi del quale le comunità locali amministrano gli interessi locali sulla base del principio della libera amministrazione. La libera amministrazione non consiste in una libera gouvernance, ha spiegato la docente, in quanto le collettività locali restano sottoposte ad un controllo amministrativo; essa non deve essere assimilata alla regolamentazione autonoma ma a quella residuale. Un ulteriore contributo significativo è stato apportato dall’intervento della professoressa Jinan Limam, la quale ha ribadito l’importanza dell’esistenza delle collettività locali poiché esse rappresentano la democrazia di prossimità. La democrazia rappresentativa è, infatti, alla base della democrazia a livello nazionale e locale ma lo sviluppo della società è possibile solo con la democrazia partecipativa nelle elezioni locali e nazionali. La democrazia partecipativa, ritiene Limam, non rappresenta un rimpiazzo a quella rappresentativa piuttosto una partecipazione attiva dei cittadini alle elezioni. La giurista ha fatto notare come il preambolo della Costituzione del 2014 sottolinea il carattere del regime repubblicano democratico e partecipativo dello Stato nonché quello civile, dove la sovranità appartiene al popolo che la esprime attraverso il meccanismo della rappresentatività. Carattere partecipativo, questo, che viene meglio specificato nell’art. 139 della Costituzione secondo cui le collettività locali adottano i meccanismi della democrazia partecipativa ed i princìpi della gouvernace ouverte. Quello che la nuova Costituzione ha, pertanto, inteso affermare è l’importanza accordata al  cittadino. Infatti, ha spiegato Jinan Limam, la garanzia è che tutti i cittadini partecipino all’elaborazione di progetti di sviluppo fino alla loro realizzazione e che tutti abbiano riconosciuto il diritto di informazione ecc. (è del 24 maggio la legge 2016 sul diritto all’informazione) in quanto sono queste le condizioni necessarie allo sviluppo e alla realizzazione della democrazia partecipativa.  

Da quanto innanzi dedotto il principio della “libera amministrazione” delle collettività locali appare una libertà fondamentale per il futuro delle stesse ma, ovviamente, lo ha sottolineato a chiare lettere anche Narjess Djedidi, questa libertà è lontana dall’essere assoluta ed occorrerà che la Corte costituzionale si pronunci per circostanziarla. Ancora una volta, come si è ben capito, sarà la futura Corte ad essere chiamata a pronunciarsi sul riparto delle competenze tra Stato e Regioni e molto dipenderà dal suo orientamento.

Giovanni D’Auria

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