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  Dossier
 794 - DOSSIER: La strage degli innocenti

 

La strage degli innocenti

 

 

TUNISI: 24 NOVEMBRE 2015 ORE 17.05

Martedì 24 novembre 2015, centro di Tunisi: Il 26° Festival Internazionale del Cinema di Cartagine ha calamitato in centro città migliaia di persone venute da tutto il Paese e dall’Estero. Il traffico nell’orario della chiusura degli uffici è più congestionato del solito.  Ore 17.00, nei pressi dell’Avenue Mohamed V all’altezza ca dell’ex RCD: una bomba esplode, caos, ambulanze. Un kamikaze con addosso una cintura carica di 10 kg di esplosivo si fa saltare in un bus della sicurezza presidenziale. Bilancio 13 morti e 20 feriti. La notizia si diffonde come un lampo, in un paese dove l’eco delle stragi del Bardo e di Sousse pesano ancora come macigni sul morale della gente: già perché in Tunisia non conoscevamo la paura del terrorismo, non eravamo familiari con la strategia del terrore.

Daesh ha rivendicato l’attacco aggiungendo che continuerà a fare attentati in Tunisia finche la Chariaanon diventerà la legge nel Paese. I radicali djihadisti detestano tutti i paesi democratici e ancor di più la Tunisia poiché arabo-musulmano. Condannano il ruolo e l’influenza della donna nella società Tunisina.

Il direttore delle JCC, Ibrahim Letaïef, si augura che il Festival possa proseguire “Solo questa puo essere la risposta a tanta barbarie”, ha detto in un’intervista. Il Festival prosegue, eccetto gli spettacoli serali a causa del coprifuoco in vigore dalle ore 21.

I morti sono tutti giovani ragazzi che facevano parte del servizio di sicurezza della guardia presidenziale. Pare che l’esplosivo venisse dalla Libia, ma è ancora da accertare. E’ morta anche la moglie di un agente, d’infarto, appena appresa la morte del marito, ma la notizia non è confermata.

Arrivano i messaggi di cordoglio da tutto il mondo.  BanKi-Moon conferma che l’ONU è vicina ai tunisini nella lotta al terrorismo e per il consolidamento della democrazia. L’Algeria oltre alla solidarietà incondizionata con il popolo ed il Governo Tunisino, è disposta a collaborare mettendo a disposizione la propria esperienza, per operare in maniera congiunta e debellare il terrorismo.  Il Re del Marocco Mohammed VI ha aggiunto che il terrorismo è in se stesso ignobile, e messo al bando da tutte le religioni, compresa quella musulmana.

In una riunione straordinaria del Governo viene decretato lo stato di “Emergenza”, e il coprifuoco in tutto il paese per 30 giorni. Il Primo Ministro HabibEssid afferma  che verrà applicata alla lettera, e senza eccezioni, la legge antiterrorismo. Esorta i cittadini a non cedere al terrore e a rimanere uniti per uscire da questo tunnel. “L’atto di terrorismo perpetrato nel centro di Tunisi è di estrema gravità e segna una svolta negli atti di natura terroristica poiché ha toccato il simbolo della sovranità nazionale, quello della sicurezza presidenziale che assicura la protezione del presidente della Repubblica, dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, e della presidenza del Governo”, ha detto Essid.

Federica Mogherini, capo della Diplomazia all’Unione Europea ha dichiarato “Risponderemo con forza al terrorismo. In seguito agli attacchi del Bardo e di Sousse abbiamo intensificato la collaborazione per la lotta contro il terrorismo, e appoggeremo ulteriormente la Tunisia in questo delicato momento di transizione”.

Ahmed Al-Jarwan del Parlamento arabo ha condannato l’atto terroristico, contrario a qualsiasi credo o religione monoteista, e ai valori umani. Ha altresì espresso la solidarietà e sostegno del Parlamento Arabo con il popolo tunisino ed i suoi rappresentanti nella lotta contro il terrorismo. Al-Jarwan ha aggiunto che è necessario ed urgente elaborare una strategia comune per sradicare il terrorismo, vera minaccia per l’intera umanità, la civiltà contemporanea, e il mondo intero.

Intanto il Consiglio di Sicurezza Nazionale ha stanziato un fondo per la lotta al fenomeno, e il sostegno alle regioni economicamente più deboli nel Paese. 

Tutto lo staff del Corriere di Tunisi si unisce con profondo affetto al dolore delle famiglie dei giovani caduti nell’espletamento del proprio lavoro di paladini della libertà e della sicurezza di tutti.

 

TERRORISMO SENZA FRONTIERE

In un’intervista esclusiva rilasciata a Yves de Kerdrel del settimanale francese Valeurs actuelles, BacharEl-Assadha dichiarato in sintesi: Lascerò la presidenza della Siria, non in base agli esiti delle conferenze internazionali, ma secondo la volontà del mio popolo e del parlamento siriano. Si vuole distruggere la Siria in quanto ultimo stato laico di quest’area. La laicità è la nostra identità, ed è vitale per il Medio Oriente.

L’Occidente pare non voler vedere ciò che succede in Turchia, storica sostenitrice dei gruppi terroristici di Al-Nosra e Daech nonché dei Fratelli Musulmani, e manda in Europa fiumi umani di profughi innocenti allo sbando”.

Mentre in un’intervista concessa al settimanale «Paris Match» Papa Francesco ha deplorato l’ipocrisia di tutti i potenti che predicano la pace e parallelamente vendono le armi. Ha detto che il capitalismo è troppo influente e ingombrante per l’umanità. « Il capitalismo ed i profitti non sono diabolici finchè rimangono degli strumenti e  non si trasformano in idoli». Ma, sottolinea il Papa,« se il denaro diventa l’idolo da adorare, se l’avidità è alla base del nostro sistema economico e sociale, allora la nostra società va incontro alla distruzione».

Prendiamo l’esempio della Francia, uno tra i tanti, poiché vicina a noi.“Il 2015 è stato un anno record per l’industria delle armi in Francia”: questo uno dei titoli del quotidiano Le Monde del  04 aprile 2015. Il presidente Francois Hollande il 4 maggio 2015 incontrava l’Emiro del Qatar per la firma ufficiale del contratto di vendita degli aerei da guerra, e successivamente giungeva a Ryad in Arabia Saudita, in qualità di invitato d’onore di un summit del Consiglio di Cooperazione degli Stati Arabi del Golfo.

La Francia per la prima volta nel 2015,ha esportato più che importato armi, e ha concluso 3 contratti per i Rafale in meno di 3 mesi, rispettivamente in Egitto, in India e in Qatar, per un totale di 84 aerei da guerra, oltre a 50 elicotteri in Polonia. Un ottimo risultato economico.  “Ai Rafale, e agli elicotteri bisogna aggiungere le vendite effettuate nei settori satellitare e navale”, ha sottolineato il ministro della Difesa Jean-Yves LeDrian, nel corso di un’intervista al Journal du Dimanche (JDD), il 3 maggio scorso, aggiungendo che in Francia la crescita del settore degli armamenti ha dato vita aca 30.000 nuovi posti di lavoro, per diversi anni. Non trascurabili anche i fatturati più modesti generati dalla vendita di armi piccole a diversi paesi per un totale di ca 5 miliardi di euro nel 2015. Nel 2013 l’esportazione di armi aveva un peso dell’8% sulla bilancia commerciale Francese e alimentava già 40.000 posti di lavoro.

Gli Stati Uniti vantano un dato export in materia che oscilla, a seconda degli anni, tra i 60 e gli 80 miliardi di dollari.

Qui di seguito una lista parziale di altri Paesi molto attivi nella produzione di armi (in ordine alfabetico e non di giro d’affari): Australia, Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Cina, Colombia, Croazia, Filippine, Filippine, Finlandia, Germania, Giappone, Grecia, India, Indonesia, Iran, Israele, Italia, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Pakistan, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Serbia, Singapore, Slovacchia, Spagna, Sud Corea, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Tailandia, Turchia, Ucraina, UK, Ungheria, USA.

Fatta questa importante premessa, passiamo agli altri dati: negli ultimi 5 anni vi sono stati ca 430.000 omicidi nel mondo. Di questi, ca 33.000 innocenti sono caduti nel 2014 sotto la furia cieca del terrorismo.

Una lunga scia di morte, questo è quanto si sa, quanto diffuso dai media. Non sappiamo

però quanti altri crimini non mediatizzati, lontani dagli obiettivi della stampa internazionale, si siano realmente consumati ovunque nel globo.

Solo tra il 31 ottobre e il 15 novembre 2015, 3 attentati firmati ISIS hanno sterminato 396 persone: un aereo passeggeri russo esplode in volo sul Sinai, kamikaze e bombe a Beirut, stesso scenario a Parigi. Obiettivo: i civili. Oltre all’attacco all’hotel Radissondi Bamako in Mali, 20 morti. Mentre scriviamo il centro di Tunisi è paralizzato dall’attacco al bus delle guardie presidenziali. Il bilancio è di 12 morti oltre a 20 feriti.

Nel 2014 le vittime del terrorismo nel mondo sono aumentate dell’80% rispetto al 2013: l’aumento più impressionante negli ultimi 15 anni. Nel 2000 i morti sono stati in tutto 3.329 e nel 2014 ben 32.658.

Il 78% di questi è avvenuto per lo più in 5 paesi: Iraq, Nigeria, Afghanistan, Pakistan e Siria. Solo il 53% in Iraq e Nigeria. I 10.000 morti in Iraq nel 2014  (oltre 1.000.000 dalla destituzione di Saddam) hanno rappresentato un aumento del 53% rispetto al 2013, pari al triplo delle vittime registrate in tutto il mondo nel 2000.

Gli Usa e UK hanno chiesto “scusa” al mondo, per l’errore commesso rispetto alle presunte armi di distruzione di massa nascoste da Saddam, all’origine della motivazione ufficiale per invadere l’Iraq. Il resto è storia.

Fatta eccezione per l’11 settembre 2001, “solo” lo 0,5% delle morti dal 2000 ad oggi è stata registrata in Occidente.

Nel 2014 ben 93 paesi nel mondo sono stati toccati dal terrorismo; erano 88 nel 2013. Solo in Nigeria i morti sono stati superiori del 300% rispetto all’anno prima.
Il flusso dei giovani stranieri che si arruolano nelle fila dei combattenti in Siria e Iraq è ininterrotto. Si stima che ad oggi in Siria, ad esempio, vi siano ca 40.000 giovani di ca 100 diversi paesi (per lo più occidentali).  L’appeal dei gruppi djiadisti è forte. E qui, sarebbero necessarie altre analisi della nostra società riguardo al malessere dei giovani.

Alla luce dei fatti e dei dati, l’incremento del terrorismo ha parallelamente e drammaticamente aumentato i costi delle attività legate al terrorismo stesso: nel 2014 ha generato il 61% di introiti in più rispetto all’anno precedente pari a ca 52.9 miliardi di dollari, 10 volte superiore rispetto al 2000.

Le organizzazioni terroristiche non solo affilano le armi, ma dispongono ormai di strutture politiche e organizzative estremamente efficienti. Nei territori occupati in Iraq, l’ISIS agisce come uno stato “sovrano” a tutti gli effetti, compreso un sistema fiscale, che genera introiti per ca 11 miliardi di dollari al mese.  

La vendita del petrolio alle multinazionali generava fino al 2014 utili per 500 milioni di dollari: non male per l’economia di uno “stato nascente”! l’ISIS ha il controllo di buona parte dei giacimenti di gas e petrolio in territorio siriano. Ma all’origine non volevano i ribelli e combattenti siriani fare una guerra contro un dittatore per aprire le porte alla democrazia? In questo articolato e contorto scacchiere si mescolano odi antichi tra sunniti e sciiti, altra miscela altamente esplosiva.

A seconda dei paesi coinvolti nei conflitti o sensibili al terrorismo, i pretesti possono anche cambiare, per adattarsi alla politica e risorse locali. Non cambia però la crudeltà dei massacri verso gli innocenti, per lo più civili inermi.

Il Re giordano Abdallah, il 18 novembre 2015 durante una conferenza stampa a Pristina, in Kosovo, ha dichiarato che l’Isis ha ucciso 100.000 musulmani in 2 anni, e che è in corso una 'guerra all'interno dell'Islam'. Il sovrano non ha precisato la fonte di questi dati, ma ha sottolineato la necessità  per l'Occidente e l'Oriente di un’azione mondiale comune contro il terrorismo.

Il terrorismo non può più essere definito un semplice fenomeno, ma è una vera e propria realtà, un pericolo condiviso  e presente ovunque. Si tratta ormai di un mostro che si è ramificato nel corpo della storia contemporanea, una cellula impazzita che sembra non più controllabile. Proprio per questo le soluzioni dovrebbero essere collettive, profonde, internazionali. Daesh è una setta dai principi da medioevo che nulla hanno a che vedere con la democrazia o la repubblica, e tantomeno con i valori dell’uomo: nessun rispetto per la vita, per la civiltà e la storia dell’uomo. Ma come nasce Daesh? La cronaca di questi anni ci dice che Daech è il prodotto di scelte, calcoli, opportunismi e politiche internazionali miopi  (o secondo convenienza, a breve termine) e dell’Islam radicale, frutto di un malsano matrimonio tra i dollari e l’estremismo religioso. Daech e le altre decine di gruppi terroristici predicano e seminano odio,  senza eccezione di razza o cultura.

Il tristemente celebre G7, ha creato un mostro difficilmente dominabile. L’intento ufficiale era quello di rimodellare il Maghreb ed il Medio Oriente, in base ad una precisa strategia

economico-politica, in accordo con le monarchie del Golfo. Quindi al via con la guerra in Iraq e in Siria, lasciando per un attimo da parte il caos Libico, e a macchia, la destabilizzazione economica e sociale profondi di tutta l’area.  

La Siria e l’Iraq templi della civiltà arabo musulmana, hanno dato all’Islam gloria, fascino, cultura , pietra dopo pietra, secolo dopo secolo, generazione dopo generazione. Oggi sono devastate in “nome dell’Islam”… Un Islam sfigurato, sconosciuto in cui nessun vero musulmano si riconosce, privato dei suoi pilastri di tolleranza, amore e umanità.

Il «caos creativo», teoria comunicativa presente durante l’amministrazione Bush, ci da la sintesi della strategia  adottata dall’esterno rispetto all’Iraq e alla Siria. In effetti il caos è più che presente nel mondo arabo dove la creatività tocca il suo apice nella sua accezione più negativa. L’ex vice di Bush, Dick Cheney diede questa definizione del “caos creativo” affermando che: “Quando le minacce più gravi saranno state eliminate i popoli avranno la possibilità di promuovere i valori che possono portare a una pace duratura [...] gli estremisti saranno costretti a ripensare la strategia del jihad”. Ma la storia parla un’altra lingua.

 

 

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