NOSTRI PROBLEMI
La visita del Presidente Mattarella a Tunisi è stata un'ulteriore conferma dell'importanza e dell'attenzione di cui gode la Tunisia in Italia. Le massime cariche dello Stato italiano (prima Matteo Renzi e poi Sergio Mattarella) hanno voluto così sottolineare con la loro presenza il sostegno dell'Italia all'avvenuta transizione democratica dopo le elezioni che hanno visto la vittoria seppur relativa del partito guidato da Beji Caid Essebsi, Nidaa Tounes (l'Unione per la Tunisia) e la sua elezione alla presidenza della repubblica.
Le elezioni sia legislative che presidenziali in Tunisia avevano evidenziato un paese diviso tra nord e sud, tra zone costiere e zone interne dovute tra l'altro ad uno squilibrio nella distribuzione delle ricchezze. La rivoluzione del 2011 era iniziata nel dicembre del 2010 proprio nelle zone centrali della Tunisia, tra le più depresse del paese.
Le elezioni del 2014 dovevano segnare il passaggio del paese da un governo provvisorio e di transizione ad un governo democratico, eletto per cinque anni se le forze uscite sconfitte dalle elezioni, specie quelle presidenziali, avessero accettato la prima regola di una democrazia ossia l'alternanza al potere. In effetti, se l'asse della contestazione odierna si sta spostando a sud, notiamo che le elezioni legislative del 2014 avevano evidenziato un sud che in modo preponderante aveva votato per il partito islamista Ennadha mentre parte del centro nord e del Nord con una netta maggioranza sulle zone costiere avevano votato per il partito "laico" Nidaa Tounes, ottenendo quest'ultimo una maggiornaza relativa. Le elezioni presidenziali avvenute poco dopo quelle legislative avevano enfatizzato questo gap tra le regioni mettendo al secondo turno a confronto Beji Caid Essebsi e l'ex presidente provvisorio Moncef Marzouki. Marzouki, che perderà le elezioni sarà votato principalmente dall'elettorato del sud alleandosi anche con forze islamiste molto più radicali di Ennadha e coadiuvato dalle leghe di protezione della rivoluzione eppure sciolte ed, a quanto pare, non accetterà questa sconfitta. La costituzione del primo governo democratico in Tunisia, sotto la presidenza di Caid Essebsi, vedrà coalizzarsi Nidaa Tounes e Ennadha, per permettere una governabilità del paese ma esprimeranno anche nuove forme di coalizioni politiche rispetto a quelle preesistenti nel governo provvisorio.
Perché allora questo vento di sommossa soffia dal sud del paese a pochi mesi dalle avvenute elezioni democratiche e dalla sofferta adozione della costituzione in un contesto di forte instabilità regionale e di possibili minacce alla sicurezza delle frontiere proprio col sud del paese? Perché in questo momento delicato in cui bisognerebbe unire tutte le forze per ridare un soffio al paese, stremato da scioperi, da violenze e da un’economia parallela dilagante questo ulteriore freno alla possibile ripresa? Se i delusi delle ultime elezioni sono ovviamente implicati in questa rivolta del sud, se i detentori del commercio parallelo vedono con sospetto il ritorno dello Stato, se i radicali islamisti sono delusi dalle posizioni più moderate di Ennadha, se i“guardiani” della rivoluzione vedono compromesso il loro potere, è anche vero che occorre affrontare politicamente e socialmente l’annosa questione dei divari regionali e delle cosiddette zone depresse della Tunisia evitando però che la protesta diventi una consegna del paese alle forze più oscurantiste e violente del paese.
Interessante a questo proposito l’intervento del leader di Ennadha, Rached Ghannouchi il quale dichiara che: “ ci opporremo a coloro che vogliono svegliare i demoni dormienti a Jemna, El Faouar, Douz o altrove. Ci aspettiamo da queste popolazioni, ed in primis dai loro saggi, che ritrovino i veri valori e che mettano un punto finale a tutti questi incidenti. A tutti i tunisini, a tutte le tribù e categorie, ai sindacati ed agli uomini d’affari di agire per disinnescare le tensioni, evitare il confronto violento e l’incrementarsi dei conflitti per non farsi complici di coloro i quali vogliono distruggere lo Stato. Dobbiamo stare tutti insieme per difendere la patria. Non ci può essere dignità, libertà ed etica al di fuori dallo Stato.”
Sperando che siano sentite queste sue parole e che la situazione non degeneri se vogliamo pensare possibile una ripresa economica della Tunisia che, a nostro parere, potrà sola, nel concreto, dare dignità, libertà e senso etico ai cittadini tunisini ma per questo occorre evitare che una qualsiasi rivendicazione si trasformi in sommossa, che una campagna d’informazione si trasformi in un incendio dilagante facendo così gli interessi di coloro che la dignità, l’etica e la libertà siano espressioni dei loro interessi personali e non collettivi.
I nostri problemi specifici: aspettando di avere una sede il neo-Comites eletto si riunisce in Ambasciata ma è possibile raggiungere i suoi componenti scrivendo a questo indirizzo: comites.tunisia@hotmail.com. Una serie di incontri con le varie componenti ed espressioni della collettività italiana di Tunisia sono previste per capire da una parte le loro esigenze specifiche e dall’altra iniziare ad interagire in maniera fattiva con la collettività.
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