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Cultura

note di cultura mediterranea
a cura di Franca Giusti
« è sul margine di una pagina d’altri che ci si annota »
[Delfino Maria Rosso in www.gliannidicarta.it ]
LIBERTA’ DI STAMPA
Un carmen ed un error
Oggi è conosciuta con il nome di Costanza. Al tempo di Ovidio, nel I secolo d. C. era Tomi, sul Mar Nero. Qui si trovavano Ovidio, esiliato nell’anno 8 d. C. e Giulia, nipote di Augusto. Un poeta ed una condanna. Poteva andar peggio. Altri sono stati uccisi per le loro pubblicazioni, Ovidio ha avuto l’esilio. |
Ovidio è solo uno di una lista lunghissima di esiliati-immigrati che scelgono la destinazione d’esilio come residenza, che trasformano i confini in centro del mondo. Le origini di questa città, una sorta di “Costa Azzurra” rumena, risalgono al VI secolo a.C., quando i greci di Mileto fondarono Tomi, che ebbe rapido sviluppo come scalo commerciale.
Ovidio si stava impegnando nella stesura di un’opera in dodici libri, I Fasti, un poema elegiaco sulle solennità del calendario romano, feste religiose, riti e leggende civili. Non era un fervente credente ma era affascinato dal clima festaiolo che accompagna i giorni in cui “fas est” è lecito riposare, divertirsi, brindare agli dei. Aveva già manifestato la sua simpatia per l’allegria nelle Metamorfosi e nell’Ars Amatoria e l’imperatore aveva finto di non essere offeso ma con I Fasti, Ovidio ha commesso l’error che lo ha portato in esilio: fuoriesce dalla morale a cui Augusto richiamava i suoi sudditi e lo fa conoscendo Giulia, nipote dell’imperatore. Forse fu persino complice degli adulteri di Giulia e si trovò a dover interrompere i giorni in cui fas est, era lecito, e l’opera i Fasti rimasero sei libri e partì per la lontana Tomi, Costanza. Probabilmente l’errore grave commesso dal poeta fu proprio l’Ars Amatoria, finito di comporre nell’anno 1 d. C. nel momento in cui l’imperatore Augusto aveva emanato un programma di ritorno agli antichi costumi e i vertici politici e religiosi si adoperano per il recupero dell’antica moralità, del senso della famiglia su cui poggia il futuro della civiltà e dell’impero. Il tono leggero ed ironico con cui riferisce le chiacchiere e le abitudini di corte contribuisce a divulgare costumi lascivi contrari ai buoni propositi dello stile augusteo e del mos maiorum . Il principe non poteva dimostrarsi offeso perché fin da subito il poeta aveva abbondato in elogi ma con il tempo il Principe non poté sopportare l’insinuazione che il corteggiamento fosse considerato seriamente al pari di un’arte, una tecnica, né che l’amore tra Bacco ed Arianna fosse il modello privilegiato. Ovidio dichiara che tutti i suoi suggerimenti non valgono per le signore per bene, quelle sposate, le matrone alle quali si addice il rispetto delle regole ma lo stile, la spudoratezza, l’umorismo con cui Ovidio parla dell’amore aveva conquistato ogni classe sociale, persino la figlia e la nipote dell’imperatore. In caso le tecniche non avessero dati i risultati sperati, Ovidio editò, completamento dell'Ars, i Remedia amoris (poemetto in 40 distici) e il De medicamine faciei (carme in distici sui cosmetici, di cui ci resta un centinaio di versi). La libertà di stampa è qualcosa di cui si parla da sempre, una chimera ma ad Ovidio costò l’esilio. Era però ancora vivo e Tomi, se pur lontana, non era la fine del mondo. Era sul mare e vantava un buon clima, c’erano altri esiliati come lui e c’era Giulia. Oggi, la piazza centrale è intitolata proprio ad Ovidio.

Archidiocesi di Tomi
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Elia Finzi |

Tunisi 1923-2012
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