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Cultura

note di cultura mediterranea
a cura di Franca Giusti
« è sul margine di una pagina d’altri che ci si annota »
[Delfino Maria Rosso in www.gliannidicarta.it ]
SOL INVICTUS
Un albero per ogni tradizione
E’ tra il 21 ed il 23 dicembre che cade il solstizio d’invero ed è nei giorni che seguono che si ha motivo di sperare che la natura si risvegli e gli alberi tornino a rinverdire. C’è però un albero particolare che è sempreverde, anche quando tutti gli altri, in autunno, perdono le foglie: l’abete. |
Fu così che, molti secoli fa, per festeggiare i giorni successivi al solstizio d’inverno, si diffuse l’abitudine di addobbare un abete, prima uno in ogni villaggio e poi uno in ogni casa. L’albero, considerato simbolo di vita in tutte le religioni e culture antiche, è entrato anche negli allestimenti del Natale Cristiano che cade proprio nei giorni successivi al solstizio d’inverno.
Anche in autunno, la natura regala colori caldi e atmosfere accoglienti, persino l’inverno, trascorso al tepore di un caminetto, è accogliente ma è il risveglio della natura a rendere allegri. La fine di dicembre coincide con le fine dei giorni bui, quando il sole tramonta presto e tutto lascia intuire l’arrivo di una nuova stagione ed il ritorno alla vita. Si comincia a festeggiare il 13 dicembre: Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia. E’ solo una rima ma serve per incoraggiare a guardare oltre il buio.
Secondo un’antica tradizione orientale, diffusa soprattutto in Siria ed Egitto, i sacerdoti si riunivano in santuari dedicati al sole e, con solenni cerimonie, ne celebravano la nascita. Il sole, raffigurato come bimbo che nasce a mezzanotte, ha trovato continuità nei riti Romani che, riferendosi al dio Mitra, festeggiavano appunto il “sole che nasce” e fa nascere tutta la natura.
Molto si apprende dai testi sacri, per esempio si sa che i druidi, antichi sacerdoti dei Celti, considerarono gli abeti un simbolo di lunga vita e cominciarono a onorarli nella festa del solstizio d’inverno. Tra le popolazioni pagane dell’Europa centronord pare che la celebrazione del solstizio d’inverno prevedesse anche l’incendio di un albero, in una sorta di rito propiziatorio, tradizione che è rimasta ancora oggi in molte piazze: il falò. Si erge un albero alto una decina di metri, si costruisce intorno una pira con tante fascine secche e paglia poi coppie di uomini e donne, scelti tra la popolazione giovane, danno fuoco agli angoli della pira iniziando danze propiziatorie fino a che le fiamme non raggiungono la cima dell’albero.
Antiche leggende, antecedenti l’anno mille, raccontano che alla nascita di Gesù le piante germogliarono e fiorirono e su quelle leggende, l’addobbo dell’albero è entrato, un po’ alla volta, nella tradizione cristiana. Dalla cultura dell’arte vetraria della Germania, nel tempo si è diffusa l’abitudine di allestire l’albero con palline di vetro colorato, per dare maggiore luminosità all’albero (meno pericolose del falò) e, per riprendere il motivo evangelico del “Cristo luce del mondo”, entrarono nell’uso anche le candele. In seguito le palline di vetro presero anche altre forme, stelle, cuoricini, angioletti e molte altre forme. Fu la regina Margherita, In Italia, la prima ad addobbare un albero di Natale, nella seconda metà dell’Ottocento, nella casa che abitava al Quirinale e da lei la moda si diffuse velocemente in tutto il paese e anche tra chi non abbracciava alcuna religione.
Johann Wolfgang Goethe scrittore tedesco amava la tradizione dell’albero di Natale e nella sua opera più famosa, I dolori del giovane Werther, ne inserì una dettagliata descrizione. Da quel momento in poi l’abete natalizio è diventato protagonista anche nella grande letteratura ed oggi anche nei film natalizi.

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Elia Finzi |

Tunisi 1923-2012
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