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 778 - MADITERRANEO: SGUARDI INCROCIATI

 

LA PARITÀ DI GENERE E LO STATO CIVILE IN TUNISIA

 

Una svolta culturale per il mondo arabo

 

Da una parte all’altra del Mediterraneo, la questione della parità di genere è oggi al centro della secolare problematica del rapporto “uomo-donna”, condiziona stati e società, civiltà e culture, ma con approcci ed esiti diversi a seconda del contesto storico e sociale di ogni singolo paese.

Da questo punto di vista, il Mare Nostrum, oggi come ieri, preso più che mai nelle tensioni della geopolitica internazionale delle grandi potenze, è uno spaccato dei processi e delle interazioni che condizionano l’intera vita delle popolazioni che abitano sulle sue sponde, viste da Platone (nel Fedone) come comunità di rane che coabitano nello stesso “stagno” da cui traggono nutrimento e vita nel perenne mutare dei contesti storici.

 

La questione femminile come problema culturale

 

Aldilà delle leggi e dei codici che vigono nelle relative società, la questione della parità di genere è, a nostro avviso, squisitamente culturale nel mondo mediterraneo improntato ad una tradizionale visione “maschilista”. In tutti i settori domina l’uomo, dalla politica all’economia, dal sociale al culturale, mentre è un dato evidente che la società  è il risultato di come s’imposta il problema femminile  poiché la donna  ne è, volenti o nolenti, il perno inevitabile. La posizione della donna rivela sintomaticamente l’evoluzione della società, come conferma lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun secondo cui “il progresso di un Paese si misura esattamente sulla questione femminile”. In quest’ottica la questione della parità di genere deve essere trattata a monte delle problematiche sociali, cioè attraverso la famiglia e la scuola che hanno un ruolo educativo  e formativo fondamentale.

Invero nel nostro Mediterraneo contemporaneo la parità di genere e quindi il ruolo della donna nella società é al centro dei dibattiti socio-politici sia sulla riva nord che sulla riva sud.  Ci limitiamo qui ad accennare a due paesi dirimpettai di questo mare: Italia e  Tunisia che proprio negli ultimi mesi hanno dovuto affrontare la questione sotto diverse angolature.

Circa il caso italiano ci riferiamo all’aspro dibattito, avvenuto alla Camera dei deputati,  sulle “quote rosa”, terminato con una votazione ad esito negativo per le donne, in netto contrasto con le società nordiche  dell’UE dove la parità di genere  è ormai un fatto culturale assodato.

Circa la Tunisia invece si assiste ad un fatto eccezionale di portata storica per il mondo arabo-musulmano: il varo della nuova Costituzione (27 gennaio 2014) dove la parità di genere è affermata a chiare lettere. Evento unico nel mondo arabo, senza precedenti, ma non per la Tunisia come vedremo qui di seguito.  E’ l’imporsi della società civile, in particolare delle donne, proprio nel movimentato panorama delle rivolte in corso in questa parte del mondo mediterraneo dopo l’avvio  della cosiddetta “primavera araba”.

Il percorso costituzionale della Tunisia

 La rivoluzione tunisina si è propagata a tamburo battente in Egitto, Libia e in altri paesi arabi del Medio Oriente, provocando innegabili segni del “risveglio arabo” verso la modernità nell’era degli sconvolgenti processi della civiltà globale in progress sul pianeta terra.  E dopo tre anni l’intera area, dall’Atlantico al Golfo Persico, è ancora oggi alla ricerca di nuovi equilibri tra guerre civili (vedi Siria) e rivolgimenti politici, tra ricadute autoritarie e reazionarie (vedi Egitto), ed affermazioni democratiche e libertarie di cui la Tunisia è l’antesignana proprio in forza della sue storiche conquiste verso uno stato moderno. E la nuova Costituzione ne è l’ultima conferma, soprattutto per quanto riguarda la laicità dello stato e l’uguaglianza dei generi, battaglie vinte con la diretta  partecipazione, nelle piazze e nelle istituzioni, delle donne e della società civile, contro la politica reazionaria del movimento Ennahda dei Fratelli Musulmani, che avevano vinto nelle libere elezioni dell’ottobre 2011.

Bisogna comunque tenere presente che questa Costituzione all’insegna della libertà, della democrazia e dei diritti umani, è il risultato di un lungo processo storico verso la modernità dello stato tunisino. Ricordiamo qui soltanto alcuni momenti fondamentali nel suo secolare cammino verso questa conquista: la Tunisia è stata il primo stato arabo ad avere una costituzione già nel 1861 per poi accedere attraverso lotte popolari alla sua indipendenza nel 1956, sotto la guida dei movimenti riformisti guidati da H. Burghiba, considerato “padre della patria”. Con spirito moderno, egli diede al paese una Costituzione all’avanguardia per quei tempi (1959) e promulgò il famoso Codice dello Statuto Personale (1956) che riconosceva alla donna la sua dignità come persona (veniva abolita la poligamia,  proclamato il diritto all’istruzione, ecc.), pur con certi limiti nel campo dell’eredità. Fu una svolta epocale  per il paese e per il mondo arabo-islamico, e l’avvio di una lenta ma progressiva presenza della donna nella costruzione della società tunisina, fatto unico per le società arabo-musulmane.

 

La nuova Costituzione

 

La nuova Costituzione del 27 gennaio 2014 è dunque il segno dirimente  e progressista di una emergente società matura che nel tempo ha saputo cogliere ed interpretare i nuovi fermenti dell’evoluzione storica per cambiare ed innovare senza dimenticare i suoi valori di base, come stanno facendo numerosi intellettuali aperti come M. Talbi, A. Charfi, Y. Ben Achour, insieme ad altri del mondo islamico che propugnano una libera esegesi del Corano in accordo ai nuovi contesti storici del mondo contemporaneo poiché essi affermano che il Corano è libertà. Infatti, contro i tentativi reazionari dei Fratelli musulmani che, rimasti anchilosati ad una cultura islamica fuori tempo, con una immagine negativa della donna in accordo al versetto coranico: “Gli uomini sono superiori di un  grado alle donne”, con la sua implicita sottomissione all’uomo, volevano ritornare agli usi e costumi codificati nel diritto tradizionale islamico (vedi Ikbal al Gharbi, Les femmes dans les mouvements islamistes: aliénation ou tentative de libération?, www.metransparent.com). Sotto questo aspetto, niente di nuovo sotto il sole  per noi cristiani quando si tenga a mente che nei primi secoli dell’era cristiana, ci si chiedeva se la donna avesse un’anima!  E sul piano giuridico costituzionale, dobbiamo ricordarci che la donna europea, malgrado la Rivoluzione francese all’insegna del motto “Libertà, Uguaglianza e Fraternità”, conquistò la sua piena personalità giuridica solo nel secolo scorso ( in Francia ottenne il diritto di voto alle elezioni politiche nel 1944 e in Italia nel 1946).  Ecco perché, quando i Fratelli musulmani avanzarono la tesi della “complementarietà” anziché dell’uguaglianza della donna rispetto all’uomo, ci fu in tutto il paese una reazione di massa, che li costrinse a far marcia indietro.

Ora la nuova Costituzione segna una svolta epocale per il popolo tunisino e in particolare per le donne, poiché essa va oltre la costituzione del 1959 calata dall’alto dal riformista Burghiba; questa invece è stata “battagliata” e consolidata, attraverso i rappresentanti della società civile dell’Assemblea Costituente Nazionale, sostenuti dalle masse popolari, in primis le donne, che sono scese nelle piazze e nelle strade ogni qualvolta “pezzi” della prima costituzione moderna rischiavano di essere cancellati e sostituiti da norme arretrate.

La nuova Costituzione é quindi “passata nelle coscienze” della società civile che vigilerà per la sua pratica applicazione nella vita del paese. Non sarà facile, perché sono tanti i problemi da affrontare: oggi il paese é in piena crisi economica e sociale, ed é minacciato per la prima volta dal terrorismo islamista come dimostrano l’assassinio di due uomini politici, B. Chokri  e M.  Brahmi, e gli attacchi mortali alle forze dell’ordine in varie zone del paese.

 

Le conquiste significative della nuova Costituzione

 

Ma quali sono gli articoli più significativi per la società nel rispetto della democrazia e della libertà  e nell’uguaglianza di genere?

Nel primo caso, per uno stato democratico e libero  fondato sulla cittadinanza, sono fondamentali i primi due articoli:

L’art. 1 afferma che “ la Tunisia è uno Stato libero, indipendente e sovrano; l’Islam è la sua religione, l’arabo la sua lingua e la Repubblica il suo regime politico”.

 L’art. 2 recita che “La Tunisia è uno Stato civile, fondato sulla cittadinanza,  sulla volontà del popolo e la primazia del diritto”.

Affermazione fondamentale questa della “primazia del diritto” per uno stato arabo dove il diritto si fonda solitamente sulla legge coranica (la Sharia ) e non sul diritto civile con la separazione stato e religione. L’esclusione della Sharia quale fonte della legislazione dello stato è una pietra fondamentale per la sua laicità. A completamento di questi due articoli ve ne sono altri che affermano che lo Stato garantisce “la libertà di coscienza e di fede, il libero esercizio dei culti e la neutralità delle moschee” (art.6). Anche in questo caso si tratta di un’affermazione importante: l’imam non può svolgere un ruolo politico;i luoghi di culto non devono essere strumento politico. I fondamentalisti mirano invece alla completa coincidenza tra potere religioso e potere civile.

Nel secondo caso, la parità di genere cioè l’uguaglianza della donna all’uomo contro la “complementarietà” proposta dai Fratelli musulmani, l’art. 21 recita che “I cittadini e le cittadine sono uguali nei diritti e nei doveri. Essi sono eguali davanti alla legge senza discriminazioni. Lo Stato garantisce ai cittadini la libertà e i diritti collettivi  ed assicura una vita degna”.

Affermazione questa, che nessun altro Paese arabo-islamico può vantare e da cui dovranno derivare regolamenti applicativi coerenti per quanto riguarda tanti aspetti della vita delle persone, a partire, per esempio, dall’eredità, un settore in cui le donne sono da sempre discriminate.  Infine sempre per la questione donna, circa   la “rappresentanza delle donne” nelle istituzioni, cioè “le quote rosa”  come si dice in Italia, e contro la violenza sulle donne, gli art.  34 e 46 della nuova  Costituzione recitano: “Lo Stato veglia a che sia garantita la rappresentanza paritaria  delle donne nelle assemblee elettive”; “Lo Stato si impegna a tutelare i diritti acquisiti dalla donna ed opera a rafforzarli e a svilupparli. Garantisce le pari opportunità tra uomini e donne in quanto all’accesso in tutti i posti di responsabilità in ogni campo e assume tutte le misure necessarie per eliminare la violenza sulle donne”.

 Le ambiguità comunque non mancano come denunciano delle deputate dell’Assemblea Nazionale Costituente; toccherà alla società civile rimanere vigile affinché non vengano strumentalizzate le ambiguità ancora presenti nel testo costituzionale, per esempio l’art. 6 quando afferma che “Lo Stato è il custode della religione … e s’impegna  a diffondere i valori della moderazione e della tolleranza, a proteggere  e proibire ogni attacco  al sacro”. Sarà in grado lo stato di non strumentalizzare il concetto di “sacro” a favore dell’islam e di difendere ogni religione nel rispetto della libertà di coscienza?

Insomma è una Costituzione d’avanguardia per la Tunisia del dopo rivoluzione, un punto fermo nella attuale difficile transizione verso uno stato democratico e libero, oltreché stimolante esempio per le altre società arabe in fermento, soprattutto per le donne:  a partire dalla Tunisia, la democrazia, l’eguaglianza e la libertà di coscienza sono in marcia in tutta la regione mediterranea … ma il cammino è lungo e difficile!

 

Michele  Brondino e Yvonne Fracassetti

 


 
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