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  In Tunisia
 769 - INTERVISTA AD ALI BOUSSELMI, MEMBRO DI “ARTICLE 13”

 

Ali è una persona silenziosa. Rappresenta una parte di quella gioventù tunisina che dalla Rivoluzione non si è lasciata abbattere, ma da cui anzi ha tratto nuova energia per potersi finalmente esprimere liberamente all’interno della società.

Come quella parte di gioventù che rappresenta, Ali conserva quel pizzico di illusione che i suoi coetanei europei non hanno più, ma che è fondamentale per provare a realizzare le proprie idee, per dare forma a ciò in cui si crede.

Il cinismo di una democrazia consumata non gli appartiene, ed è per questo che pare credere in maniera sincera ed anche un po’ ingenua alla possibilità di cambiare la società tunisina attraverso le associazioni di cui è membro.

Dopo la rivoluzione, una cinquantina di giovani come Ali si è iscritta alla sezione locale di Amnesty International, scompigliandone il precedente assetto e trainandone le iniziative.

I difetti che in genere circondano questo genere di organizzazioni (come l’eccesso di burocratizzazione e di gerarchizzazione) non paiono riguardare una sezione che sorprende per la sua fluidità e freschezza. Ed i giovani che ne sono la causa, lavorando silenziosamente, sono riusciti a regalare alla Tunisia spazi di dibattito pubblico di cui questo Paese sembra avere estremo bisogno.

Fare ad esempio incontrare membri dell’Assemblea Costituente di diversi partiti e farli discutere dei diritti del bambino nella nuova Costituzione, è infatti un esercizio democratico cui il Paese non è ancora abituato.

E nuovo esercizio democratico è anche la discussione politica fra questi ragazzi:

mentre un’amica di Ali parla di come i messaggi di talune organizzazioni arrivino meglio al popolo tunisino rispetto ad altre, lui non pare preoccuparsi della questione più di tanto. La cosa di cui più che altro c’è bisogno ora non è saper spedire dei messaggi meglio di altri, quanto piuttosto creare spazi come quello di cui si è parlato e come quelli che, ad esempio, il World Social Forum è riuscito da poco a creare a Tunisi.

La verità è che non esistono in Tunisia luoghi pubblici d’incontro dove poter esercitare liberamente la propria capacità critica, sale della democrazia. Non ci sono grandi possibilità di far incontrare-scontrare opinioni divergenti, e tutto ciò non può che inasprire ed allontanare le differenti idee riguardo al futuro di questo Paese. Si comprenderà così l’importanza che può aver dunque avuto il WSF che, a prescindere dalle critiche che gli si posson muover contro, ha avuto il pregio di mettere in contatto gente con differenti sensibilità politiche.

Anche Ali ha conosciuto al Forum diverse persone di altri Paesi con le quali è poi rimasto in contatto; tutto ciò rappresenta per lui una novità visto che non è mai riuscito ad andare in Europa date le complicazioni della burocrazia tunisina.

Dopo aver visto i primi frutti che l’esperienza di Amnesty stava portando, Ali ha deciso, assieme ad altri amici, di entrare a far parte di “Articolo 13”, organizzazione che prende il nome da quell’articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che riguarda il diritto alla libertà di movimento dell’individuo.

Quest’associazione si è in particolare occupata della situazione del campo profughi di Choucha gestito dall’UNHCR, campo allestito dopo l’inizio della guerra in Libia che ha visto transitare sotto le sue tende decine di migliaia di profughi.

“Articolo 13” è riuscito ad amplificare la loro voce e a fare in modo che le loro storie e le loro richieste venissero in parte ascoltate. Molte persone hanno ricevuto asilo politico, altre sono emigrate clandestinamente in Italia; quello che però importa adesso è che il 30 giugno Choucha chiuderà i battenti. L’UNHCR si è offerta di fornire al centinaio di profughi che ancora vi alloggiano la possibilità di tornare gratuitamente nei loro Paesi di provenienza. Il paradosso è che questi profughi si trovano nel campo proprio perché nei loro Paesi di provenienza si sentivano in pericolo, e la loro condizione è ulteriormente aggravata dall’assenza in Tunisia di una legge che riguarda i rifugiati politici.

“Articolo 13” continua così a battersi perché queste persone non vengano dimenticate, ed Ali continua ad impegnarsi nella difesa dei diritti umani.

 

Gianluca Gerli

 

 

Ali Bousselmi

 

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