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Nel Mediterraneo-Maghreb
748 - PENSIERI EURO-MEDITERRANEI… |
Poche settimane al voto storico in Tunisia, per dare un senso ad un movimento di rivolta popolare maturata in pochi mesi, ma covata per tanti anni. Poche settimane attese con molta enfasi e preoccupazione da parte dei Tunisini, popolo fiero ed indipendente, ma anche da parte della comunità internazionale, che legge nel prossimo appuntamento elettorale del 23 ottobre un primo bilancio di una campagna di grandi cambiamenti geopolitici, in seno al Mediterraneo. |
Tra i tanti paesi particolarmente interessati al prossimo futuro in Tunisia c’è evidentemente l’Italia, che fin dai primi giorni del dopo Ben Ali ha proiettato la sua attenzione verso la riva sud del Mediterraneo, anche in concomitanza con i movimenti di rivolta in Libia e l’Egitto del dopo Mubarak. Un’attenzione all’apparenza politica, a tutela del mantenimento regolare del flusso migratorio e del controllo delle coste, ma di fatto economica, in quanto ad oggi per l’Italia, la Tunisia rappresenta uno dei mercati nei quali si punta per il rilancio economico.
La crisi mondiale non ha risparmiato nessun paese in Europa, e mentre le due potenze economiche del vecchio continente – Francia e Germania – stanno puntando sul rilancio di una economia interna ed un maggiore potere d’acquisto degli stessi cittadini senza dunque caricare sulle spalle dei contribuenti il peso della ripresa, l’Italia marcata nei decenni da gestioni nefande dell’apparato pubblico, con uno dei più alti tassi di evasione fiscale tra i paesi del G8, e con un debito pubblico praticamente irrecuperabile, ha di fatto puntato sul rilancio del mercato di esportazione, sulla produttività d’alta qualità fatta però in paesi che garantiscano un costo del lavoro inferiore. Lo testimoniano le recenti strategie messe in atto da grandi compagnie di servizi e comunicazione, che non hanno esitato a chiudere interi uffici con centinaia, anche migliaia di lavoratori a tempo determinato, per puntare sul mercato del lavoro albanese (vedi i servizi vendita legati all’Alitalia o a Sky Italia) o su quello Tunisino.
Ecco dunque che oggi, se dovessimo idealmente porre su una bilancia di interessi, i pesi che Tunisia ed Italia esercitano reciprocamente, ho più l’impressione che sia l’Italia ad avere bisogno del sostegno della Tunisia che viceversa. Perché se è vero che la Tunisia vive un particolare momento di transizione politica, e che la stessa ha anche bisogno della legittimità internazionale per un domani acquisire autorità politica ed economica, è anche vero che la stessa legittimità deve arrivare da paesi dalla politica e dall’economia interna solida, capaci non solo di garantire un valido sostegno in seno alle politiche mediterranee, ma anche e soprattutto capaci di garantire uno scambio economico e commerciale di alto profilo, con investimenti mirati nei paesi frontalieri, ma anche con la possibilità di assorbire produzione e forza lavoro in un mercato interno con prospettive di sviluppo. E siamo certi che oggi l’Italia sia in grado di sostenere questa sfida?
Alfredo Lo Ciceo
Ricercatore in geopolitica, Université Paris 8

A. Lo Cicero
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