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  In Tunisia
 744-747 - PENSIERI POST INSURREZIONALI DI UN ITALIANO CHE VIVE NEL SUD DELLA TUNISIA

 

Il sud della Tunisia ha cambiato aspetto, Ben Gardane, Tataouine, Remada e Zarzis sembrano oggi ancor più posti di frontiera che prima.

L’arrivo dei numerosissimi rifugiati libici sta creando non pochi problemi di carattere sociale organizzativo. I libici più ricchi sono alloggiati negli alberghi rimasti vuoti dal turismo occidentale, coloro che hanno parenti o amici in Tunisia hanno trovato posto presso di loro. Molte case prima vuote sono oggi affittate da famiglie provenienti dalla Tripolitania. I più poveri si sono radunati nei differenti campi d’accoglienza di Remada e Tataouine, persino nel piccolo villaggio di Douiret la vecchia colonia francese è stata adibita a campo profughi e, su una popolazione del villaggio di 600 persone si sono affiancati circa 250 libici: donne uomini e bambini. Sulle strade la presenza di numerosissime auto libiche sfrecciano mostrando una evidente incapacità di guida corretta, gli incidenti si sono moltiplicati. La polizia sembra non esistere, i controlli sono rari. Lo spirito anarchico sembra presiedere in molti individui, forse la rivoluzione e il sentimento di libertà  acquisita sfoga gli istinti più deleteri in atteggiamenti che mostrano ancora l’incapacità di capire cosa sia esattamente la democrazia ed il reciproco senso di vita  civile, rispettosa della libertà propria ma anche degli altri. Ciò nonostante lo spirito d’accoglienza dei tunisini è generalmente disponibile alle comprensioni ed ai disagi che si sono venuti a creare.  La guardia nazionale marittima che prima controllava durante l’estate la costa, pronta ad intervenire in caso di necessita è scomparsa. Pescherecci  di grande dimensione eseguono senza scrupoli   la pesca allo strascico in prossimità della costa rompendo l’habitat marino, rovinando non solo l’ambiente, ma anche l’economia dei piccoli pescatori del luogo. Insomma l’attesa alle regole  che separa la rivoluzione e il voto, per fissare il nuovo codice comportamentale della Nazione non dovrebbe essere maggiormente dilazionato. Sarebbe necessaria ora una spinta culturale al cambiamento di quella mentalità ancora permeata dai modi  del vecchio regime.Se pur vero che l’utopia anarchica è la forma politica più auspicabile tra una civiltà di consapevoli, diventa insopportabile dove è praticata come  prevaricazione.   Alla casa della cultura della città di Zarzis hanno organizzato una giornata di incontri con le famiglie dei rifugiati libici nell’intenzione di consolidare  nella mentalità locale il senso di ospitalità e per alleviare le angosce della guerra e del caos che si è creato. Un buon tentativo, teso a sviluppare l’integrazione e la fratellanza. La presenza di alcuni poeti ed artisti tunisini e libici  hanno mitizzato i concetti rivoluzionari partendo dalle composizioni dei disegni dei bambini con elucubrazioni  che emanavano sapori neo nazionalistici ed orgogli discutibili usando la leva della composizione pittorica infantile dei disegni sui quali invece lo psicologo denoterebbe i drammi della guerra e della fuga ma farebbe molta attenzione nel proporli in senso rivendicativo.  Nella sala c’erano molte donne libiche con le bandiere della rivoluzione, alcune segnate dall’abbigliamento berbero con ornamenti e pennacchi probabilmente proveniente dal Jebel Nefusa. Un tuareg con un turbante in testa, una donna velata con dei gioielli tradizionali, insomma una umanità variopinta che usava un tono di sconforto ma cosciente implorando tutta l’umanità per una soluzione giusta ai problemi che questo conflitto fratricida ha creato. Libici e tunisini sospesi tra voglia di normalità e democrazia. Due popoli che pur nelle  differenze vogliono conquistare uno spiraglio di libertà e uniti vivono la preoccupazione per il nuovo orizzonte politico. Insomma una società che ha vissuto  sotto il torchio della dittatura per decenni che  oggi si trova di fronte a delle possibilità straordinarie di cambiamento ma che al tempo stesso le teme. Tutti hanno aspettato il crollo della dittatura, il movimento  di protesta  nato nelle periferie quasi desertiche dove la sofferenza della vita era più accentuata che altrove. I giovani che sono stati gli autori sono oggi in gran parte allo sbando, i partiti politici hanno raccolto la loro protesta trasformandola in slogan personali svuotandoli in gran parte dai loro significati originali. La presenza del movimento religioso che chiede la partecipazione alla gestione sociale rivendicando la sofferenza repressiva subita dal vecchio regime nel sud sta lievitando un  pericoloso successo. Anche nell’esercito, l’”amico” del popolo sembrano serpeggiare cambiamenti di rotta. I soldati hanno collaborato con i comitati rivoluzionari e a combattere contro la polizia. Nei momenti iniziali e più caldi il  Generale Rachid Ammar si è fatto notare per aver rifiutato di impartire l’ordine ai soldati di sparare sui manifestanti ed è stato rimosso dal suo posto di comando. Questo fatto ha aumentato la popolarità dell'Esercito tra la popolazione. Ma in Tunisia, come in ogni paese, l'esercito per sua natura è una istituzione creata per difendere gli interessi della classe dominante, anche se viene presentato spesso come un'istituzione a difesa del popolo e della nazione. Il percorso verso la normalizzazione democratica si presenta ancora molto accidentato a causa della bassa crescita ed il crollo del turismo che per il sud si può calcolare al 50%. La candidatura di circa 80 partiti che formeranno le differenti coalizioni ci rimandaro alla verifica del voto che è stato stabilito per il 23 ottobre 2011.

                                                                             

Marino Alberto Zecchini

 

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