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 719 - ANTISEMITISMO ED ISLAMOFOBIA

 

Il 16 maggio 2011 il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha ospitato nella Sala del Mappamondo alla Camera dei Deputati un incontro su “Antisemitismo e Islamofobia”, organizzato dall’Associazione di Cultura Ebraica Hans Jonas, che ha presentato una ricerca promossa dal Comitato “Passatopresente” di Torino, a cura di Alfredo Alietti e Dario Padovan.

Il Presidente della Camera Gianfranco Fini nel suo intervento ha affermato che “antisemitismo e islamofobia sono due facce della stessa medaglia”.

“I due pregiudizi – spiega – tendono a sovrapporsi tra loro, come dimostrano le risultanze delle interviste sul campione d’indagine analizzato dai ricercatori. Oltre il 60% di chi è dichiaratamente antisemita è anche anti-islamico”.

Un risultato statistico preoccupante ed inquietante verso “il diversamente italiano e straniero” che parte da un rancore personale e da una spaventosa ignoranza che annebbiano le menti e le coscienze degli uomini.

Per la terza carica dello Stato “è quindi necessaria un’attenzione più vigile e partecipe da parte di chi ha la responsabilità di orientare sia l’opinione pubblica sia il consenso dei cittadini”.

E dunque “mai come oggi è necessario realizzare un progetto di società aperta, libera e inclusiva, restituendo la speranza in un futuro di diritti e di opportunità ai settori sociali più inclini alla sfiducia e al pessimismo. E questo obiettivo – sottolinea Fini – può essere raggiunto anche e soprattutto attraverso un incisivo e convinto piano di reali riforme economiche”.

Infatti la situazione economica opprime la società italiana e gli italiani si sentono abbandonati, ormai lo Stato ha perso la sua autorevolezza, quindi il cittadino è spinto, non da un “sentimento”,  ma da un “risentimento”  che si chiama razzismo, odio verso tutto ciò che è “diverso” nel colore della pelle, nel sesso, nella fede e nella cultura.

L’italiano allora riempie questi “spazi vuoti” di abbandono sociale, politico ed economico con il razzismo, con la xenofobia perché deve trovare un colpevole che è nel suo immaginario collettivo.

Dopo l’11 settembre 2001 l’islamofobia si è identificata con le minacce del terrorismo, con la confusione tra straniero e musulmano e con l’impossibile conciliazione dell’islamismo con i costumi occidentali.

Si è diffusa così in Europa un’inquietante ostilità verso l’islamismo, tanto che possiamo dire che anti-semitismo ed anti-islamismo, culture diverse per storie e contenuto, hanno molti punti in comune.

A creare questa orrenda situazione ha contribuito un giornalismo sconsiderato che con notizie enfatizzate ha creato un’alea di paura nell’opinione pubblica.

Allora la diversità diventa il nemico da combattere, da cancellare e questo concetto è il lievito della politica odierna che diffonde queste idee; i diritti universali dei cittadini sono violati ed il pregiudizio razionale trova il suo terreno fecondo.

Quando nasce “lo stereotipo”, nasce il razzismo e l’individuo scompare.

Il Prof. Adriano Prosperi, studioso delle mentalità, delle opinioni e dei sensi comuni, afferma che l’intolleranza è eterna, è innata nell’uomo e dipende dal tempo storico in cui egli vive.

Nella nostra società, è un dato di fatto che atteggiamenti di tipo razzistico “ritenuti un residuo di culture obsolete e superate stanno riemergendo”.

Andando oltre alle opinioni espresse nei sondaggi, continua il Professor Prosperi, aggiungiamo episodi di cronaca che si sono infittiti nella vita del Paese, ci troviamo davanti a forme di intolleranza violenta esplosa con atti individuali e collettivi (aggressioni, spedizioni punitive, slogan negli stadi, invettive scritte sui muri e/o saracinesche dei negozi).

Da una parte ci siamo “noi”, dall’altra “loro”; una barriera irrazionale che divide noi, popolo angosciato, abbandonato dalle istituzioni ed imbarbarito, contro loro, un gruppo indefinito ed immaginato come una moltitudine di persone unite e diverse da noi per la loro entità.

Secondo il Prof. Adriano Prosperi lo stereotipo dell’ebreo perseguitato ha mutato “paradigma” durante la storia delle società umane: prima aveva un carattere religioso dato dalla Chiesa che lo bollava come deicida e cercava di “salvarlo” con il battesimo; poi con l’Illuminismo si diventa più tolleranti, finisce l’icona dell’ebreo come persona negativa, ma conserva il carattere di colui che è diverso, il carattere di complotto e di minaccia perché troppo coeso ed individuo incontrollabile in quanto gestisce la forza del mondo con la finanza; terzo paradigma l’antisionismo,  all’ebreo cosmopolita e senza patria si sostituisce l’ebreo cittadino del potente Stato di Israele.

Da qui emerge che la realtà odierna poggia su un virus che dall’antisemitismo si è riversato contro l’islamismo; il seme dell’avversione è stato fortemente coltivato da poteri religiosi e politici per offuscare la mente di numerose collettività.

“Valga un solo esempio: l’obbligo del battesimo per ebrei ed per islamici con l’espulsione dei non battezzati nella Spagna del 1492 fu lo strumento usato da re Fernando d’Aragona con l’appoggio della Chiesa per creare uno stato unitario e avviare quella che è stata definita la prima globalizzazione del mondo. E proprio allora l’ebreo e il Moro scomparsi come diversi per religione fecero ritorno in quella società come diversi per sangue, segno di quanto il “nemico interno” e l’eccezione giuridica siano funzionali alla costruzione di un legame sociale e all’impianto di un dominio politico”.

Dalla ricerca presentata alla Camera dei Deputati dal Comitato “Passatopresente” risulta che “ebrei e musulmani sono, seppure con percentuali difformi, oggetto di un pregiudizio unico, caratterizzato da indifferenza per le sue vittime e da un’inquietante proprietà transitiva che lo fa muovere con facilità da un gruppo all’altro. Ci troviamo di fronte all’affermarsi di un discorso pubblico razzista che vede genericamente nello straniero o nel “diversamente” italiano od europeo una minaccia.

Se incrociamo – si legge ancora nella ricerca – il dato sull’intolleranza generale (antisemiti e anti-islamici) con le variabili socio-demografiche classiche le più significative risultano essere l’età ed il titolo di studio, mentre il genere, lo status sociale e altri aspetti non differenziano in maniera evidente tra i due atteggiamenti”.

In Italia è necessario ed urgente che una politica lungimirante riprenda in mano la situazione per una integrazione multiculturale piena, anche degli islamici, comprendente i loro figli e nipoti, perché questa nuova “popolazione” è la nostra futura società, in un momento in cui esiste un afflusso insolito di profughi dal Nord Africa.

Vorrei terminare con le parole del Presidente Gianfranco Fini: “Il mio auspicio è che la vita pubblica italiana torni ad essere caratterizzata da un alto senso di responsabilità politico e morale per la salvaguardia dei valori che sono fondamento della convivenza civile e democratica. Occorre il rilancio di un grande progetto educativo che sappia contrastare i pregiudizi razziali e religiosi, rinvigorendo la coesione sociale e realizzando una società più libera e plurale”.

 

Adriana Capriotti

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