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Collettività
Il 22 aprile 2011, ben 3 mesi e mezzo dopo i fatti, l’ennesimo programma dell’ennesima TV italiana (fortunatamente almeno non in prima serata) ci propina le immagini dei poveri giovani e giovanissimi clandestini che sui barconi scommettono la propria vita e approdano a Lampedusa pieni di sogni e speranze: e sottolineo i giovani. Dopo 23 anni di dittatura incancrenita, ed in poco meno di 4 settimane i Tunisini (nel cuore del Mediterraneo a pochi passi dall'Italia) hanno dato il via ad un nuovo scenario e puzzle negli equilibri mondiali, aprendo le porte sigillate della democrazia e libertà nel mondo arabo. Ci avrebbero scommesso in pochi. I clandestini tendono la mano della speranza verso l’Europa attraverso la Sicilia, e ci riportano alla memoria il mare umano di emigrati italiani nel secolo scorso alla ricerca di una vita migliore. I Tunisini oggi fanno notizia grazie ai media che ne danno immediatamente i numeri esponenziali spesso ancor prima dell’approdo. Ma non si parla mai, salvo qualche accenno marginale, degli spregiudicati organizzatori di questa deplorevole tratta di esseri umani, che opera indisturbata dalla Tunisia alla Sicilia con solide reti e basi criminali nei due Paesi, cavalcando la debolezza di chi, ingenuamente, si abbandona alle loro bugie. In Italia il Ministro del Turismo Brambilla sentenzia "Siamo pronti a fare la nostra parte per aiutare la Tunisia a creare le condizioni per la ripresa del turismo, che rappresenta per quel paese una parte determinante per l'economia, ma solo dopo che avremo verificato, il totale rispetto degli accordi presi dal loro governo con il nostro. I continui sbarchi di clandestini tunisini verso l'Italia, e in particolare verso l'isola di Lampedusa, hanno già arrecato un serio danno non solo alla popolazione residente ma all'intero turismo siciliano e nazionale. Ed è quindi nostra intenzione dare la priorità al sostegno delle imprese italiane e all'economia dei territori. Il turismo rappresenta per la nostra economia, ed in particolare per quella del Mezzogiorno, un elemento strategico e metteremo in atto tutto quanto sarà possibile per sostenerlo." Una dichiarazione di grande risonanza mediatica per Lampedusa e i Siciliani e per molti italiani. Il Ministro della Giustizia Castelli, pochi giorni dopo tuona così: “…sparare ai Tunisini sui barconi”. La mia azienda, che opera nel senso contrario (inviando italiani all’estero), e quelle di altri migliaia e migliaia di colleghi sono anch’esse aziende italiane, con almeno 700.000 addetti di settore, sul territorio nazionale. Almeno sull’onda di queste dichiarazioni “protezioniste” ci sarebbe piaciuto prendere atto di azioni concrete a favore della nostra categoria di addetti al turismo: azioni che – a prescindere dalle situazioni di mercato - non si limitino al continuo e progressivo soffocamento fiscale, alla burocrazia operativa e all’appesantimento regolare dei costi di gestione aziendale, e ovviamente l’anticipazione pressoché totale delle tasse da un anno fiscale a quello che deve ancora venire (proprio cosi: si pagano nel 2011 le tasse del 2012, a prescindere dall’andamento del fatturato 2011. E se non lo fai, dopo paghi ancora di più). Ma tornando al cuore del problema, il turismo si sa, è un ponte tra i popoli, e alimenta la crescita di ogni individuo, il confronto e lo scambio. Anche i flussi turistici hanno contribuito a dare spinta e coraggio ai giovani protagonisti della rivoluzione Tunisina, che a sua volta ha dato il “la” ad una rivoluzione più profonda all’interno del mondo arabo, anche se dai contorni ancora non definiti. Adesso che si è consumata quasi tutta la fase 1, c’è il vuoto anche mediatico dell’Italia sulla fase 2: il dopo rivoluzione, la ripresa della vita: una fase meno emozionale e scandalistica per lo spettatore. Ma fare comunicazione è una responsabilità molto importante. Sono stati giustamente spesi fiumi di parole nel condannare la dittatura e l’estremismo. Il modello Europeo e Italiano, seppur con le sue pecche, permette ad ognuno di esprimersi liberamente, spesso anche con toni duri e sgradevoli: comunque ci esprimiamo. Ma oltre alla forzata accoglienza alimentata dagli sbarchi (non risolutiva per il problema dei migranti), l’Italia dov’è? Per quale motivo si gira alla larga dalla Tunisia? Perché la Farnesina non aggiorna le informazioni sul sito ufficiale? Perche non aiutare il popolo tunisino a rinascere in Tunisia?: per farlo è sufficiente dare da lavorare, almeno tanto quanto prima. La mancanza di lavoro e di turismo crea chiusura. La chiusura crea terreno fertile a favore di altri regimi autoritari. La mancanza di lavoro alimenta nei giovani e nei più deboli incertezze ed instabilità facilmente strumentalizzabili da ideologie pericolose, legate all’attuale mosaico sociale: una reazione naturale, che prescinde dal mondo arabo. Ma che può avere ripercussioni a lungo termine nel quadro mondiale. Leggasi fondamentalismo islamico, l’unica forza politicizzata ad arte e ad oggi molto strutturata, organizzata ed economicamente molto potente. Ai media italiani chiediamo una comunicazione equilibrata, o semplicemente più completa. Le elezioni Tunisine avranno luogo a fine luglio. La ripresa della stagione turistica prima delle elezioni politiche, sarà di strategica importanza per l’esito delle stesse, e la stagione turistica puo ancora essere recuperata. Le imprese italiane impiantate in Tunisia, e gli imprenditori ben lo sanno - creano lavoro a cascata anche in Italia, su attività di diverso tipo che non sarebbero altrettanto spumeggiati in Italia. Dando per implicito che la stabilità politica dell’area sia imprescindibile, la ripresa non può più essere procrastinata. A cominciare dal flusso turistico, daremo lavoro a milioni di tunisini in Tunisia, e salveremo il posto di lavoro a centinaia di migliaia di Italiani. Solo attraverso l’interscambio culturale ed il lavoro, le vittime della rivoluzione non avranno perso la vita inutilmente, i giovani e tutta la popolazione riprenderà fiducia nel futuro, e l’avanzata dell’estremismo islamico alle porte dell’Italia e del Mediterraneo sarà respinta. Marysa Impellizzeri
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