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 715 - Solo online - a cura della redazione di Torino

 

[2011-02-03] - “Uscendo da un gravisimo problema di salute, convalescente e costretto ancora a casa, riprendo il collier chiedendo venia ai lettori per il ritardo.

Con questo n°91 del Corriere gennaio-febbraio 2011 auguriamo riprendere il ritmo normale da marzo.

Ringraziamo la nostra redazione torinese che attraverso il sito ha continuamente aggiornato le news tenendo informati i lettori di quanto succedeva.

Il cartaceo sarà disponibile, si spera, nei primi giorni della settimana prossima”.

Il Direttore Elia Finzi


[2011-02-01]

L’ITALIA DI OGGI VISTA DALLA TUNISIA

 

L’eco dei recenti avvenimenti della politica italiana, in particolare il comportamento del premier Silvio Berlusconi, raggiunge anche la Tunisia che, nonostante la difficile situazione socio-politica interna, guarda con occhio interessato quanto succede da noi. Così, tra le tante discussioni sul futuro del loro Paese, si inseriscono alcune considerazioni che concorrono a definire l’attuale immagine dell’Italia, in questo particolare momento storico, a livello internazionale. Riportiamo in sintesi il senso di qualche considerazione ricevuta via email o telefonicamente. Primi a prendere posizione sono stati naturalmente alcuni intellettuali che si dicono costretti a interrogarsi su cosa stia succedendo in Italia dove il governo Berlusconi è ormai tutto intento a parare le spalle a un premier messo sotto processo da una magistratura che, a suo dire politicizzata, tenta di sovvertire il responso elettorale. Ma ciò che maggiormente preoccupa gli osservatori tunisini è la mancanza di una chiara presa di posizione del governo italiano sul nuovo corso in Tunisia.

Hanno creato non poco sconcerto le parole del sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, in una recente intervista rilasciata al Secolo XIX di Genova Dall’Italia: “Ben Alì è stato eletto presidente della Repubblica in Tunisia, se n’è andato in seguito a una sollevazione popolare, ma non è reo di nessun reato. [...] Se fosse stato a Cagliari l’Italia avrebbe dovuto accoglierlo. [...] E se a qualcuno fosse venuto in mente di arrestarlo, sarebbe stata una sciocchezza. Non lo si poteva certo accusare di immigrazione clandestina”.

Giacomo Flilibeck, responsabile del PD per l’area euromediterranea, in questi giorni a Tunisi, denuncia l’assenza della politica italiana, assenza che crea “il disagio della comunità di quella nostra comunità, che ha sostenuto la voglia di libertà e democrazia del popolo tunisino e che ora si aspetta che il  governo di transizione spiani la strada alle elezioni democratiche”.

Pare così che la via della Tunisia verso una democrazia compiuta non rientri negli interessi del governo italiano.

Eppure si dovrebbe riservare una particolare attenzione per i cambiamenti che avvengono in questa nazione “amica”. Soprattutto da parte nostra che abbiamo vissuto sugli allori con l’incondizionato appoggio a Ben Alì in tempi craxiani. Un presidente visto come garante della stabilità, e degli affari, come argine al fondamentalismo. Occorrerebbe essere presenti in questa fase di transizione  che non può non prevedere un riconoscimento della svolta.

Ma anche da Tunisi si ha l’impressione che l’Italia si stia avvitando su se stessa. Ci si chiede come, date le gravi accuse mosse a Berlusconi, la nostra nazione non reagisca in un sussulto di dignità. Non si capisce come la magistratura non possa fare il suo mestiere chiarendo sino in fondo le vicende che vede coinvolto il premier che, nonostante le anticipazioni degli organi d’informazione, non subisce una flessione significativa nel consenso. D’altronde i tunisini una idea del personaggio se l’erano già fatta entrando, quando riuscivano, in internet per vedere il suo intervento alla televisione privata Nessma visibile, ancora oggi, in YouTube.

Anche i rapporti di mercato dovrebbero essere seguiti con maggiore attenzione. Gli operatori turistici sono in apprensione per il loro futuro legato ai tanti tour-operator stranieri, con gli italiani in evidenza, alla ricerca di un nuovo turismo che possa entrare nel Paese Tunisia con un maggior rispetto per la sua dignità e cultura.

Da quanto è dato di capire dai tanti giovani blogger, è finito il tempo del viaggio dove il guadagno finiva nelle tasche di pochi, spesso legati al potere più o meno locale, e il saccheggio del territorio da parte d’immobiliaristi, sovente stranieri. È possibile che d’ora in avanti venga richiesta una più equanime e giusta distribuzione della ricchezza il che richiede una riprogettazione del turismo.

E l’Italia come si sta muovendo per questa nuovo progetto? Pare assente. Può darsi sia solo una questione di tempo. Di certo è finita l’era dei viaggi nei paesi “poveri” da visitare come classici turisti che hanno creduto di potere aver tutto perché “pagavano”.        

Per concludere, oggi serve una politica di schieramento ponderato con le nuove forze in campo. Tutte le nazioni stanno valutando quanto sta accadendo nel mondo arabo. Dall’Italia silenzio.

In un momento di profonda trasformazione politica e sociale nei paesi del bacino del Mediterraneo l’assenza dell’azione del governo italiano rappresenta una anomalia. Ma è  una delle tante in un Paese nella mani di un premier che, per salvarsi da un processo condotto dalla magistratura ordinaria, dichiara di aver creduto che la ragazzotta, condotta in questura a Milano per furto, fosse la nipote di Mubarak.

Unica speranza che si sia alla comica finale di questo nostro teatrino d’avanspettacolo. Anche tra gli italiani in Tunisia c’è chi la sta aspettando.

 

Delfino Maria Rosso

 


[2011-02-01]

 Fedi e Randazzo (PD):

 "Siamo particolarmente vicini alle comunità italiane di Tunisia ed Egitto"

 

ROMA - "Le tensioni democratiche per il cambiamento, per la libertà e la democrazia, sia in Tunisia e in Egitto che in altri Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, vanno sostenute con gli strumenti della diplomazia internazionale e con l’intervento ed il monitoraggio degli organismi sovranazionali, a partire dalle Nazioni Unite" - hanno dichiarato l'on. Marco Fedi e il sen. Nino Randazzo.

I due parlamentari del Partito Democratico, eletti nella ripartizione Africa-Asia-Oceania-Antartide della circoscrizione Estero, hanno proseguito: "Le genuine spinte democratiche vanno anche sostenute con dichiarazioni  ed azioni coerenti. Il Governo italiano non è riuscito a cogliere il senso della transizione e trasformazione in corso in questi Paesi tradizionalmente vicini all’Italia ed ai suoi alleati.

"L’Italia ha il dovere di recuperare, all’interno di una visione di forte rapporto tra l’Unione Europea ed i Paesi del Mediterraneo, una politica di dialogo interculturale, di crescita democratica e di concreti investimenti. La scelta economico-commerciale, arrestatasi con la crisi finanziaria ed economica, ha lasciato vuoti politici e culturali.

"Va denunciato l'equivoco che ha consentito al Governo italiano di avallare, e talvolta tacitamente sostenere, l'operato di dittature, quali sostanzialmente sono state appunto quelle di Tunisia e d'Egitto, in nome di una presunta stabilità dove hanno potuto avere buon gioco le opposizioni estremistiche mentre si faceva strame della democrazia. Non senza preoccupazione abbiamo appreso dell'intervento di fanatici organizzati che hanno turbato gravemente una pacifica dimostrazione di donne democratiche a Tunisi il 29 gennaio, significando che stanno tentando di tornare in auge i peggiori leader fondamentalisti del Nord Africa e del Medio Oriente. I movimenti della libertà e della giustizia sulla sponda Sud del Mediterraneo debbono poter contare sulla chiara e fattiva solidarietà degli ambienti democratici italiani. Le blande dichiarazioni "pro forma" del ministro Frattini e del sottosegretario Craxi non servono certo a migliorare l'immagine e l'influenza dell'Italia in quei settori delle popolazioni nordafricane e mediorientali che lottano per genuine forme di democrazia mentre ospitano forti ed operose collettività italiane.

"Siamo particolarmente vicini alle comunità italiane di Tunisia ed Egitto ed esprimiamo la nostra piena solidarietà a tutti coloro che oggi vivono una condizione di tensione ed incertezza per il futuro del proprio Paese".

Fedi e Randazzo concludono: "Sentiamo forte l’impegno a lavorare verso l’affermazione piena dei principi della libertà e della democrazia, consapevoli dei rischi di strumentalizzazione da parte delle forze reazionarie più estreme e fondamentaliste. In questo momento debbono prevalere attenzione al tema dei diritti umani, ascolto della società civile e costruzione di percorsi condivisi verso la democrazia".

 

 


[2011-02-01]

 

TUNISIA. MARINO (PD): S. CRAXI IMABARAZZANTE PER ITALIANI IN TUNISIA. OCCORRE GOVERNO IN DISCONTINUITA’ CON BEN ALI’

 

“Sono imbarazzanti per gli italiani in Tunisia le dichiarazioni dell’onorevole Craxi, visto che proprio la storia si è già pronunciata con il popolo tunisino che ha giudicato il regime di Ben Alì, insorgendo e rovesciandolo con manifestazioni spontanee”.

Lo afferma Eugenio Marino, responsabile degli Italiani all’estero del Partito Democratico, in merito alle dichiarazioni dell’on. Stefania Craxi sulle vicende tunisine.

“In queste ore – continua Marino – il responsabile del PD per l’area euromediterranea,  Giacomo Filibek, è a Tunisi per ascoltare il mondo delle associazioni e dei sindacati tunisini, dei partiti di opposizione democratica, della società civile e gli esponenti della comunità italiana, molto ben inserita e da sempre rispettata nel Paese nordafricano”.

“Proprio Filibeck – prosegue l’esponente del PD – sta riscontrando in queste ore il disagio di quella nostra comunità, che ha sostenuto la voglia di libertà e democrazia del popolo tunisino e che ora si aspetta che il  governo di transizione spiani la strada alle elezioni democratiche”. 
“Governo, però, la cui composizione deve essere in vera discontinuità col passato, e non deve lasciare i centri nevralgici del potere e le redini dell’amministrazione in mano a ministri fedelissimi di Ben Alì e compromessi con il passato regime”.

“Noi siamo convinti – conclude Marino – di quanto ci dicono i nostri connazionali dalla Tunisia e lo stesso Filibeck, cioè che occorra sostenere con fiducia la transizione, dando il nostro pieno appoggio alle forze democratiche che Ben Alì contrastava, senza riserve né dichiarazioni cerchiobbottiste come quelle della Craxi nei confronti del regime, che servono solo a mettere in difficoltà la comunità italiana in Tunisia”.

 


[2011-01-31] - Immagine tratta dalla copertina del settimanale Internazionale.

 

  

 


[2011-01-29] – Da Tunisi ci comunicano che il Circolo Italiano e la Società Dante Alighieri hanno ripreso l’attività così come alcune aziende.


[2011-01-26] – Riceviamo e pubblichiamo:

 

Les numéros d’urgence :

Armée de Tunis :          71 960 488

                                  71 560 222

                                  71 335 000

                                  71 560 488

*********

Amb. D’Italie :              98 301 495

                                  23 995 990

                                  71 321 811

                                  21 426 767

*********

Amb. De France :         71 335 000

                                  70 944 955

                                  70 944  944

 

 

Il periodo di coprifuoco è stato fissato dalle 22:00 alle 04:00 

 


 

Siamo tutti tunisini

 

Lo scontro è avvenuto ed il silenzioso e latente  conflitto è esploso. La speranza si configura ora, solo all’interno di una rinnovata nazione, più giusta, più rispettosa, più democratica.

Il rapido e violento avvenimento si ripercuote anche sull’immaginario di tutti gli occidentali che della Tunisia hanno fatto una seconda Patria. Noi italiani abbiamo avuto dalla Farnesina il consiglio alla massima attenzione, ma che fare? La nostra permanenza in Tunisia, le nostre abitudini, le nostre conoscenze... molti di noi  in qualche modo hanno per ora deciso di continuare a partecipare alla vita nazionale pur se coinvolti nel dolore e nel coinvolgimento del dramma sociale.

Alla fine molti credono sia stato meglio che il malessere latente di una parte del  popolo  sia esploso. Tutti eravamo al corrente che nel ventre del popolo più povero si covava l’insoddisfazione e la protesta e tutti siamo consapevoli che le  cospirazioni clandestine non possono che essere deleterie e nascondere più facilmente  rancore e odio.

Oggi siamo tutti tunisini. Tutto il mondo sta osservando l’evolversi della rivoluzione tunisina, molti guardano con ammirazione gli avvenimenti. Il popolo tunisino, unico fra i popoli arabi che ha avuto il coraggio di alzare il “pugno democratico” allo trasbordante potere del dittatore  riuscendo in una operazione che solo un mese fa era considerata impossibile.

Tutti i regimi arabi e non solo (vedi Albania), pur nella loro varietà politica e sociale hanno in sé una situazione che potrebbe esplodere allo stesso modo.  La crisi economica planetaria,  la globalizzazione e internet  hanno notevolmente contribuito a  produrre coscienza e desiderio di libertà.    

E’ ragionevole pensare che tutti i regimi arabi del mondo, gli imperialisti e tutti i movimenti rivoluzionari d’oriente e d’occidente stanno osservando e studiando attentamente l’esperienza tunisina chiedendosi come ha potuto un popolo notoriamente gentile e remissivo affrontare il drago del potere.

Giorno dopo giorno ho seguito con massima attenzione lo svolgersi  delle manifestazioni costatando che tra gli slogan urlati non si è mai udito un “Alla u Akbar”, finalmente un segno di democrazia laica anche tra i musulmani. Un segno che più di altri questo popolo è pronto verso i primi passi di libertà.    Un popolo che possiamo eleggere alla nobiltà cavalleresca poiché ha trovato la forza  non già in una ideologia ma nella azione spontanea  della difesa di se stesso e dei più umili.

Un fronte ai tentativi già molto evidenti da parte dei pericolosi gruppi fondamentalisti di gestire a loro interesse il malcontento popolare. E se pur vero che questi folli, appassionati di “verità religiose” hanno pianto per anni isolati nella paura della repressione, in questo delicato momento i pericoli di catalizzarsi   di confusi ideali  di  purezza religiosa potrebbero essere deleteri. Noi crediamo che l’Islam sia una religione di pace.  

Se cosi fosse le manifestazioni di piazza, le azioni di protesta mostrerebbero la loro inutilità poiché vi sarebbero sovrapposti  motivi di fede religiosa agli autentici  traumi sociali, dovuti soprattutto alla violenza della povertà e alla aspirazione al benessere.

La realtà del popolo dovrebbe essere occupata nella ricerca di un riscatto attraverso un lavoro per tutti, sufficientemente retribuito nell’obiettivo di alleviare le fatiche e la  durezza della vita.

Ricordo che uno dei  consigli più diffusi in Tunisia agli italiani  prima degli avvenimenti  era di non  discutere di politica con i tunisini, la borghesia  locale nella sua pedanteria  consigliava al popolo  di non entrare nelle sfere strane e complicate della coscienza politica, che non era affar loro.

L’oppressione ideologica ed economica, la corruzione vergognosa di una classe dirigenziale ha costretto il popolo alla ribellione.

Le grandi multinazionali del turismo d’occidente, anche quelle italiane hanno lavorato con grandi guadagni con le  imprese alberghiere, l’acqua un bene primario  in una regione del mondo semidesertica come la Tunisia viene sprecata  a fiumi  nelle piscine, nei campi da golf e sotto le docce degli hotel lussuosi della costa, mentre il popolo benediceva il cielo quando qualche goccia tocca la terra arida. Negli hotel le tavole imbandite di ogni succulento cibo preparato per soddisfare l’ingordigia del turista. Fuori la difficoltà di vivere con pochi dinari al mese, insomma una differenza troppo stridente con la vita del popolo.

L’occidente viveva nella indifferenza se non in una benevola complicità con il regime di Ben Ali, oggi credo sia giunto il tempo anche per gli italiani  residenti in Tunisia di cambiare, di trasformare per coscienza e giustizia  l'ingerenza utilizzata al mantenimento del dittatore-predatore in un rapporto posto alla massima lealtà con il popolo.

 

Marino Alberto Zecchini

 

 

(foto ricevuta senza indicazione dell’autore)

 


 

[2011-01-25] – Oggi, martedì 25 gennaio, il Direttore Elia Finzi, in attesa di riprendere la pubblicazione della rivista, ci ha comunicato che, a suo giudizio, quanto sta accadendo in Tunisia è ritenersi analogo alla “rivoluzione dei garofani” del 1974 in Portogallo contro il regime fondato da Salazar.

In una situazione, che pare in via di lento miglioramento, desta notevole inquietudine l’opposizione al cambiamento, richiesto dal popolo, condotta da elementi perturbatori ancora legati al regime del deposto presidente Ben Ali, da trafficanti d’armi e da delinquenti comuni. La loro azione potrebbe portare il Paese in una tragica situazione di conflitto, come quella verificatasi in Libano, ben lontana, quindi, da quella portoghese.

Nonostante il momento di giustificata preoccupazione per la condizione interna del Paese, anche in Tunisia sono giunte le voci sulle arcinote vicende italiane legate al premier diventando oggetto di inevitabili commenti. Non pochi sono gli intellettuali che s’interrogano sul dove stia andando l’Italia e che, schierandosi contro Berlusconi, dichiarano la propria preoccupazione che si ripeta nel nostro Paese quanto sta succedendo da loro.

Ha infine rivolto la raccomandazione a chiunque debba contattare qualcuno in Tunisia di farlo da 05:00 alle 20:00 per non creare ulteriore tensione durante il periodo di coprifuoco tutt’ora vigente.

 


 

[2011-01-23] - Sabato 22 gennaio, abbiamo raggiunto telefonicamente il Direttore, Elia Finzi, nella sua residenza in Tunisi. Dopo averci rassicurato sullo stato della sua salute, che registra un miglioramento dopo il recente grave malanno che lo ha colpito, ci ha informato sull’attività editoriale e brevemente sulla situazione tunisina.

Nonostante l'assenza del personale italiano presso la redazione del giornale, rientrato in Italia per la pericolosa situazione di conflitto armato nel Paese, e il persistere di difficoltà di comunicazione e lavoro, il prossimo numero del giornale dovrebbe uscire entro questo mese o, al massimo, all’inizio del prossimo. Una scelta impegnativa che viene assunta anche per rispondere alle tante richieste d’informazione via internet. Ne è prova il raddoppio, in questo periodo, dei già molti normali accessi giornalieri al nostro sito.

Per quanto riguarda la situazione socio-politica che la Tunisia sta attualmente attraversando, ci ha confermato il graduale avvio del Paese verso un normale ordine quotidiano in un clima di diffuso cauto ottimismo e nella consapevolezza che i tempi per la conduzione di una vita nella normalità si annunciano inevitabilmente lunghi. A suo giudizio, giudizio maturato nell’arco dei tanti anni di presenza nella realtà tunisina (ndr. La famiglia Finzi si trasferì, dopo il fallimento dei moti carbonari del 1820‑1821 a cui partecipò, da Livorno in Tunisia dove prese residenza e nel 1829 iniziò l’attività tipografica), la situazione si sta stabilizzando in bene. Di fondamentale importanza sarà l’aiuto che l’Europa saprà fornire come sostegno a questo cambiamento che vede, in questo periodo, la Tunisia muoversi verso una reale democrazia partecipata. Solo con una attenta politica di condivisione di molti problemi, economici compresi, da parte dei Paesi europei, questa rivoluzione darà i suoi frutti. Una rivoluzione, voluta e condotta dai giovani secondo nuove modalità possibili solo con le moderne tecnologie (il “passa-parola” per la mobilitazione è avvenuta tramite internet), che non deve passare inutilmente.

Pubblichiamo in home una nostra cartolina su quella che ormai viene chiamata la “rivoluzione dei gelsomini” come augurio alla Tunisia di un futuro giusto e libero.

 

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