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Tempo Libero
671 - ONIRICHE REALTA’ DEL DESERTO |
Il deserto è ancora un mondo in cui l’enigma ed il mistero della magia e della credenza delle forze oscure dell’aldilà permeano ogni momento del giorno e della notte. Il convincimento della esistenza di “jeni” del bene e del male è molto radicato e sono molte le persone che conservano nei pensieri questa convinzione, a volte anche tra le classi istruite. |
La diffusione dei rituali di guarigione attraverso la musica, il movimento e la respirazione che vengono praticati durante i raduni popolari chiamati “Hadra”, confermano questo diffuso pensare. Se escludiamo alcuni individui che rifiutano la superstizione la quasi generalità del popolo del deserto rimane soggetto al sogno delle forze oscure. Un sogno che si propone come modo per contrassegnare l’indicibile e la distanza tra la verità e l’apparenza, quando la razionalità superficiale si allontana dal senso compiuto e le voragini del mistero sono senza spiegazioni. Questo sogno è inoltre un mezzo che tenta di vedere ciò che nella realtà non si può percepire.
Lo spazio di questa immensità imperscrutabile è affrontata con i timori rinchiusi nelle formule di salvezza ripetute ogni qualvolta si accede in una porta, non importa quale, se di una casa o di una vettura o qualsivoglia passaggio; ad alta voce si appellano al nome di Dio (Bismillah). Ho visto ed udito ragazze nomadi del deserto che uscendo dalla loro tenda con un catino d’acqua sporca ripetevano bismillah prima di gettarla a terra per timore che andasse a colpire qualche piccolo jenio che per la sua invisibilità poteva essere colto nel segno e reagisse con la sua collera. Nei villaggi c’è sovente la presenza di un personaggio introverso, o che per qualche sorta di malattia vive isolato alla periferia con difficoltà di socializzazione, questi è in genere pensato come l’esito di un unione tra un umano ed un jenio, quindi temuto e rispettato. Se da un lato l’assurda credenza pone il problema della superstizione, da un altro diventa una forma di recupero sociale del povero soggetto. Ma l’assurdo più evidente è l’assoluta credenza che nel grembo di una donna, non importa quale possa esistere un feto dormiente, una teoria che afferma che il concepito può, per un certo periodo, vivere di vita latente nel grembo della madre sino a sette anni prima di venire alla luce. Anche questa credenza potrebbe essere posta come l’unicapossibilità di recupero per la donna che rimane gravida senza la presenza di un legittimo marito.
Il sogno è quindi il mezzo per esplicitare il senso in “sé” nel cammino anche dei drammi personali, un senso primario nell’azione che nella sua semplicità realizza la sua ragion d’essere anche allo scopo del salvamento personale dalla critica emarginate della società. Un rifugio che si apre all’individuo che vive la difficoltà di un sapere mai acquisito giustificando la magia come causa del suo stato. Il sogno diventa soccorso e aiuto per affrontare la realtà che nel deserto non è mai semplice, il ricorso alla ipocrisia non è in genere d’uso sempre spregevole ma qui , anche se paradossalmente diventa realtà creduta, anche nel giuramento.
Il sogno si fa strumento di comprensione della realtà del presente e diviene strumento della rivelazione iscrivendosi sempre in una dimensione mistica e religiosa.
Il sogno percorre quelle verità o miti del male e del bene che necessitano di un’interpretazione, una verità che nello stato di veglia è inaccessibile o che può essere solo sfiorata attraverso l’immaginazione del simbolismo usato qui nel deserto per passare oltre i confini del superficiale. Per questo i fenomeninaturali, le caratteristiche animali, le figure create dal vento sulla sabbia, la forma delle nubi, il camminare di un “darwich” (in nord Africa è inteso per povero andicappato) diventano simboli e letti secondo alcuni canoni della tradizione popolare. Ma quando il lettore è insignito di capacità sensibili diventano simboli per percorsi sciamanici che portano alla rivelazione dei misteri occulti che, secondo le capacità credute possono interferire nel bene e nel male.
Il deserto con tutti i suoi paesaggi la sua assolutezza i suoi miti è una realtà che nonostante l’era tecnologica inspira ed espira il mistero. Un luogo di piste misteriose in cui il giorno non è ancora segnato dal vento del crepuscolo, la sacralità ed il mistero rivestono come un unico manto la natura e l’uomo.
Il deserto ha ancora la sua funzione primordiale perché contiene una potenzialità di rinascita, gli occhi si aprono ad un nuovo inizio in cui si notano cose che prima non si erano scorte che si collegano al nostro lontano passato di occidentali. Nel vuoto del deserto si incarna il mondo che ha smarrito il senso della storia e del passato popolare.
Queste brevi analisi socio antropologiche elaborate dalla mia sola capacità letteraria non sono che l’apertura di una pista in gran parte sconosciuta che andrebbe battuta ed esplorata da specialisti perché rinchiude il mistero dell’uomo in senso lato, non solo del deserto ma l’uomo in quanto tale, l’uomo che nonostante la sua tecnologia ancora non conosce le notti dei suoi deserti interiori.
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Elia Finzi |

Tunisi 1923-2012
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