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  Dossier
 634 - Dossier - Missione preistorica italo-tunisina ad Hergla : sulla via delle antiche rotte di scambio dell’ossidiana

Nei mesi di agosto-settembre 2006 si sta svolgendo la quinta campagna di ricerche archeologiche del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna nella laguna della Sebkhet Halk el Menjel, ad Hergla (Sousse), lungo la costa centro-orientale della Tunisia.

Il progetto è nato coll'intento di studiare il popolamento preistorico olocenico delle lagune retrocostiere della regione, in collaborazione con l’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente di Roma (IsIAO), l’Institut National du Patrimoine di Tunisi (INP) e con il supporto finanziario del Ministero per gli Affari Esteri italiano.

Nel Vicino Oriente con il passaggio all’Olocene (a partire dal 12000 a.C. circa) si assiste ad un lungo processo evolutivo che ha portato le società preistoriche da una condizione di nomadismo e di caccia-raccolta, a prime forme di sedentarizzazione e alla creazione di villaggi permanenti, con la comparsa dell’allevamento e dell’agricoltura (la cosiddetta “rivoluzione neolitica”).

Nel Nord Africa il Neolitico (fine 7000-4000 a.C.) ha assunto caratteri del tutto singolari e regionali, di cui purtroppo una storia delle ricerche distratta e troppo a lungo immobile non ha permesso di caratterizzarne le peculiarità in tutta la sua complessità. Le società epipaleolitiche capsiane di cacciatori-raccoglitori semi-nomadici si evolsero localmente non acquisendo, con l’avanzare dell’Olocene, tutti i caratteri sopra citati e che determinano il Neolitico nell’accezione vicino orientale (villaggi permanenti, agricoltura, allevamento, complessità sociale…). Nel Maghreb non abbiamo ancora elementi che attestino da una parte forme di agricoltura e dall’altra stanziamento in villaggi permanenti. Tuttavia è molto probabile che le condizioni ambientali disponibili avessero favorito l’insorgere di un modello di pastorizia transumante, in cui sfruttare, durante le varie stagioni dell’anno, le nicchie ecologiche e le risorse alimentari disponibili, tra la costa marina, le montagne del Tell e dell’Atlante, e la fascia pre-sahariana.

Il progetto multidisciplinare di Hergla nasce partendo proprio da queste considerazioni. La laguna della Sebkhet Halk el Menjel (fig. 1) è ancora in larga parte intatta ed esente da attività antropiche recenti, e si inserisce in un favorevole contesto di frontiera tra il mare Mediterraneo, il Sahel e le ultime propaggini dell’Atlante: separata dal mare da un cordolo roccioso di poche decine di metri è alimentata, nel periodo delle piogge invernali, da acqua dolce dall’oued Manfas es-Sod, il quale versa le acque raccolte in un’altra laguna interna, la Sebkha Kalbia, che capta a sua volta le acque di tutti gli oued del Tell centrale della Tunisia. Si tratta di un complesso e delicato sistema che ben si presta ad uno sfruttamento delle sue risorse da parte dell’uomo durante la preistoria, ed il cui contesto geoambientale è stato conservato quasi intatto grazie all’assenza di grandi centri abitativi.

Le attività di ricerca prevedono la creazione di una carta archeologica (fig. 2) di tutti i siti neolitici lungo la costa lagunare e marina, lo scavo stratigrafico dei principali insediamenti individuati, e la ricostruzione dell’evoluzione geo-ambientale della regione. La ricchezza del popolamento preistorico della regione è evidente già ad una prima osservazione della carta prodotta in questi primi anni di attività: più di 130 insediamenti o aree di attività preistoriche sono stati già riconosciuti nella regione.

Uno dei principali siti individuati lungo il bordo meridionale della sebkha, nominato SHM-1, è oggetto di scavi stratigrafici in estensione sin dal primo anno delle ricerche (fig. 3). I risultati preliminari delle indagini stanno facendo luce sulle modalità di vita delle genti che hanno popolato la regione durante il Neolitico, sulla loro alimentazione, attività domestiche, contatti e scambi con altre comunità lontane e sulle modalità funerarie. Le datazioni al radiocarbonio effettuate confermano una frequentazione del sito tra la metà del VI e la metà del IV millennio a.C. (5500-3600 circa a.C.). In questi anni sono stati messi in luce i primi resti di capanne e strutture abitative, dati fino ad ora mancanti in contesti di questo tipo a causa delle non precise metodologie di scavo impiegate fino a qualche tempo fa in Nord Africa. Sono state da noi individuate infatti capanne rettangolari con acciottolato di drenaggio al di sotto del piano di calpestio (fig. 4), muretti a secco utilizzati come sostegno per pareti in materiali leggeri e deperibili, quali pelli, arbusti intrecciati o argilla battuta, e infine buche di palo perimetrali. Le unità abitative erano inoltre corredate di focolari esterni e muretti frangi-vento.

É stata infine rinvenuta la sepoltura di un giovane individuo probabilmente di sesso maschile che ha contribuito a fornire utili indicazioni sulle pratiche funerarie. La cultura materiale rinvenuta provvede inoltre a dare un quadro più ampio relativamente alle attività quotidiane, e agli scambi effettuati con le comunità lontane dell’entroterra tunisino e delle isole del Mediterraneo centrale. Emergono dai livelli indagati strumenti in osso e industria litica sia in selce che in calcare, frammenti di vasi in ceramica. Interessanti anche i numerosi frammenti di uova di struzzo, utilizzati sia come contenitori, probabilmente per liquidi, sia per ottenere perline ed altri elementi di parure; con la medesima funzione erano probabilmente anche conchiglie marine perforate utilizzate come pendenti. Infine alcuni frammenti di ossidiana, provenienti con molta probabilità dall’isola di Pantelleria, forniscono un’eccezionale testimonianza tangibile degli scambi e dei contatti che queste comunità intrattenevano con altre anche molto lontane.

 

Simone Mulazzani

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