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  Dossier
 808 - Mediterraneo, un paesaggio che cambia.

   

È strage tra le palme, chi si nasconde dietro questa piaga ecologica?

Nella prima vignetta siamo alle prese con un classico dello humour nero spinto fino al paradosso, l’impatto della seconda immagine è addirittura desolante. Come cambierà e quale sarà il paesaggio mediterraneo da qui a pochi anni? Le prospettive a breve e medio termine sono tutt’altro che confortanti, siamo in pieno “allarme rosso”. I palmizi, una costante paesaggistica capace di accomunare l’immagine di tutti i Paesi affacciati sulle rive del Mediterraneo, d’un tratto divengono calvi come birilli e muoiono, uno dopo l’altro. Nei luoghi esotici e anche in Europa, la parassitosi delle palme rappresenta un nemico mortale, un grave impoverimento per il paesaggio e per l’economia. Le palme, infatti, oltre ad essere degli alberi da frutto, sono un elemento estetico basilare anche per le strutture alberghiere, oltre che per le proprietà private e per l’intero paesaggio urbano. Ma con chi dobbiamo fare i conti, quale minaccia incombe sulle palme? Diamo in primo luogo uno sguardo nelle sue generalità a quest’albero. Una pianta perenne, appartenente ad una delle famiglie più antiche del regno vegetale, centinaia di generi e quasi tremila specie di palma sono diffuse soprattutto nelle aree tropicali e subtropicali del globo, un numero limitato di specie prolifera anche nelle zone temperate un po’ più settentrionali. Riconoscibili per il loro fusto, generalmente privo di rami e con le cime ricoperte da grandi ciuffi verdi a guisa di pennello un po’ disordinato, per le palme si parla di “portamento arboreo”, in un Mediterraneo che grazie a loro ha i tratti di un giardino esotico. Sono noti perfino dei resti fossilizzati di palme antiche fino a settanta, ottanta milioni di anni. Sulla sommità dei tronchi ruvidi e spugnosi dei palmizi si sviluppano i loro frutti, datteri oppure noci di cocco, in base al genere, i quali penzolano riuniti in forma di grappoli, appena al di sotto del geometrico e fitto cappello di lunghe ed arcuate foglie verdi. Alla raccolta di questi frutti prelibati, l’uomo accompagna lo sfruttamento organizzato per trarne l’olio e il vino di palma. È comunque bene ricordare a tutti, a scanso di equivoci, che le palme non debbono essere confuse con i banani che, pur riproducendo una silouette a loro simile, non sono in realtà neppure degli alberi, ma rappresentano invece un’erba, una delle più grandi tra le piante erbacee esistenti, comunque estranee al fenomeno in argomento. È questa, a grandi linee, la descrizione di un’importante specie arborea, caratteristica del nostro habitat e gravemente minacciata da una sorta di indesiderato autunno perenne, un mortale rischio d’estinzione. Ma da dove arriva questa terribile calamità? L’attacco giunge dal cielo ed è opera di un vero e proprio killer seriale, un grazioso e piccolo coleottero dal vivace colorito rosso. Vediamo allora, più nel dettaglio, chi è il Punteruolo Rosso, questo è il nome comune del piccolo coleottero dal nome scientifico più complicato, Rhynchophorus ferrugineus, nome assegnatogli dall’entomologo suo scopritore, Olivier nel 1790. Si tratta di un insetto, un coleottero per la precisione, originario del continente asiatico e micidiale parassita di svariate specie di palme. Ormai presente in tutti i paesi del bacino del Mediterraneo, esso vi è giunto dall’Est attraversando le regioni medio-orientali, agevolato nella sua diffusione dal commercio, ha viaggiato ospite di piante esotiche provenienti dal levante asiatico, territori ove aveva già procurato gravissime devastazioni alle piantagioni di palma da cocco. La sua area di diffusione originaria è l’intera Asia sudorientale e la Melanesia. Da laggiù, proprio attraverso il commercio, inizialmente è giunto negli Emirati Arabi intorno agli anni Ottanta, quindi ha raggiunto il Medio Oriente ed è stato segnalato in Egitto nel 1992. In seguito, è stato individuato in Spagna dal 1994, in Corsica e Costa Azzurra intorno al 2006 ed è noto in Italia almeno dal 2004. Oggi è presente praticamente nell’intero bacino del Mediterraneo. Purtroppo lo smercio di piante ornamentali ha costituito un mezzo di diffusione preferenziale per gli organismi associati, insetti fitofagi inclusi. In questo modo i parassiti, come le malattie, hanno potuto essere comodamente veicolati da un territorio all’altro, al di fuori dei loro ecosistemi naturali ed areali di distribuzione. Esistono delle normative che in ambito fito-sanitario sovrintendono agli scambi commerciali e che dovrebbero scongiurare la circolazione di piante ammalate, ma tali leggi sono in generale ampiamente disattese, anche in Italia. Il risultato è l’allungamento della cosiddetta Alert List, un elenco ufficiale comprendente gli agenti patogeni e fitofagi responsabili di danni e le eventuali prescrizioni di quarantena. Il commercio di piante dallo sviluppo medio grande, nel soddisfare richieste di carattere estetico, espone al rischio di riceverle già infestate all’atto dell'importazione, nonostante esse non presentino evidenti sintomi di danno. In Italia, il coleottero associato alle palme è stato segnalato ufficialmente, per la prima volta, presso un vivaio di Pistoia e già affliggeva alcune palme delle Canarie che manifestavano evidenti sintomi di deperimento e sofferenza. Oltre alle problematiche evidenziate, va anche sottolineato come sia ormai alquanto diffuso una sorta di scellerato giardinaggio che ha favorito la diffusione del parassita. Infatti le potature improvvisate ed eseguite sempre più “al risparmio”, sono spesso opera di veri e propri analfabeti del giardinaggio, troppo preoccupati di rispettare soprattutto gli opinabili intenti estetici impostigli, interventi che in realtà feriscono e deturpano l’aspetto autentico di tali piante esotiche. Tale condotta non ha fatto altro che riprodurre, in un certo senso, lo scenario e le condizioni limite che possono solo occasionalmente colpire una palma, soltanto in natura ed in seguito ad eventi meteorologici forti e improvvisi. Venti fortissimi e fortunali infatti, possono talvolta ferire gli alberi, lesionare o spezzare i più fragili steli fogliari lasciando esposte e prive di protezione le parti più vitali della pianta, i tessuti teneri e molli, le parti più aggredibili. Certe forme di giardinaggio, sottoponendo le piante a tagli scriteriati, a potature inappropriate, lasciano le palme sofferenti e determinano lesioni del tutto simili a quelle aventi una genesi naturale. Le superfici verdi e fresche, così esposte all’aria, emanano delle essenze odorose in grado di richiamare i coleotteri a un invitante banchetto, anche da grandi distanze. Mai dovrebbero essere intaccate le parti verdi delle palme ed il taglio dovrebbe essere riservato esclusivamente alle parti secche, ricoprendo con mastice da innesto le eventuali parti fresche tagliate inavvertitamente. A Sanremo, nell’ambito di un progetto di lotta a questi parassiti, è stato sperimentato qualche anno fa un rilevatore di odori elettronico, una sorta di “naso artificiale”. L’auspicio è che possa essere d’aiuto nella lotta al parassita, fiutandone e segnalandone, sin dalle prime fasi, i feromoni di aggregazione rilasciati dal punteruolo rosso, dei secreti odorosi capaci di richiamare molti altri individui onde favorire il successo riproduttivo. La lunghezza di questo coleottero, del tutto innocuo a contatto con l’uomo, varia tra i 2 e i 4,5 centimetri, la femmina ha un colorito rosso-bruno intenso ed elitre (ali) finemente striate, gli individui maschi sono di un rosso leggermente più vivace. È poi evidente una sorta di rostro ricurvo che sporge dal muso come una piccola cannuccia, il torso è inoltre caratterizzato da alcuni puntini neri posti su fondo rossastro. Si tratta di un curioso insetto che colpisce per la morfologia e per la sua livrea. È un volatore apparentemente goffo e inelegante ma i suoi svolazzi, accompagnati da un sordo ronzio, sono incerti soltanto in apparenza, infatti gli permettono di raggiungere mete distanti anche un chilometro. Infine, una breve nota dietetica: questo coleottero, presente anche nella Papua Nuova Guinea, costituisce in loco, nel suo stadio di larva, un alimento edibile per l’uomo, capace di soddisfare all’incirca il trenta per cento del fabbisogno proteico, oltre a garantire un buon apporto di zinco e di ferro. Il Punteruolo Rosso vola indifferentemente sia di giorno che di notte ed il suo obiettivo è quello di deporre le sue uova, fino a 200 per volta, nelle parti più tenere e fresche delle palme che sono l’alimento delle sue larve, penetrandovi attraverso le cicatrici di piante già ammalate o anche in corrispondenza di “ferite” esistenti sul tronco o tra i lunghi steli delle foglie. Da qui le larve proseguiranno verso l’interno della pianta scavandovi per circa due mesi, nutrendosi dei tessuti più teneri e realizzando, grazie ad un robusto apparato masticatorio, delle gallerie che indeboliranno la cima della pianta, rendendo instabile l’intero sostegno della corona fogliare. Al termine della metamorfosi, liberatisi dal loro bozzolo, un avvolgimento di fibre di palma, grande all’incirca quanto un pollice umano, trascorsi ormai tre mesi di ciclo vitale, gli individui formati vedono la luce. È davvero impressionante la capacità vitale, quasi virale, di ciascuna coppia di punteruoli rossi. Si stima che un’unica coppia possa dare vita, nell’arco di appena quattro generazioni, a ben 53 milioni di esemplari. Si pensi che in Italia, già verso l’anno 2005, il numero di palme secolari morte, tra parchi pubblici e giardini privati, era calcolato nell’ordine di molte migliaia di piante, soprattutto nel Centro e nel Sud del Paese. In Sicilia, a circa 10 anni  dalla prima segnalazione, il punteruolo rosso ha cagionato la morte di oltre 50.000 esemplari di palme delle Canarie. Contrariamente a quanto si riteneva circa l’immunità dall’infestazione per talune specie di palma, gli studi completati fino ad oggi hanno invece accertato che sono vulnerabili numerose altre varietà di palma, incluse le più ornamentali, la palma delle Canarie, quella da dattero, quelle da cocco e da olio. Vengono insidiate dal coleottero anche la palma di Betel, quella da zucchero, la palma americana, quella cinese, quella da succo, la palma a ventaglio, quella del rattan e diverse altre. La risposta alla domanda, se oggi si disponga o meno di un metodo di lotta efficace contro questo terribile parassita delle palme, per quanto affermativa ed articolata, è tutt’altro che soddisfacente. Va realisticamente detto che esistono vari mezzi di contrasto, anche validi, ma tutto ciò conta purtroppo soltanto in linea teorica. Ad ogni soluzione si associano infatti degli “inconvenienti” che paiono insormontabili, problemi di natura ambientale, di genere pratico e, soprattutto, ragioni di carattere economico che sembrano insuperabili. Nel riassumere in queste righe alcuni tra i più significativi metodi di lotta al punteruolo rosso, si cercherà anche di fornire un quadro un po’ più chiaro della situazione, attesa la capacità riproduttiva esponenziale del parassita, avremo quindi modo di riflettere anche sulle ragioni dell’inefficacia o dell’inapplicabilità dei principali sistemi di contrasto, metodi che per potersi considerare efficaci dovrebbero essere estesi all’intera popolazione di palme. Oggigiorno si tende ad optare per metodi naturali, ritenuti in genere più ecologici. Uno dei trattamenti valutati contro il Rhynchophorus ferrugineus è stata la possibilità di introdurre degli antagonisti naturali. Sappiamo che le cime delle palme ospitano una fauna variegata, che comprende per esempio la tortora comune che vi nidifica; qui in Tunisia vi è la tortora delle palme caratterizzata da lievi screziature brunastre. Ma questo volatile, come gli altri che si affollano sulla cima delle piante, non è affatto un avversario del punteruolo, rientra semplicemente tra i piccoli ospiti che frequentano le cime di questi alberi, che vi nidificano e che sono soggetti allo sfratto in caso di malattia della pianta. Ad un’ampia varietà di piccoli insetti, si accompagna anche il topo selvatico e talora anche quello comune che sono entrambi dei bravi arrampicatori, roditori onnivori con abitudini notturne, ghiotti di fiori, piccoli frutti, semi, chiocciole ed insetti e si è pensato perciò che tali caratteristiche li candidassero a svolgere un valido ruolo difensivo, in qualche modo trasversale. Le palme infestate infatti, offrono a questi piccoli roditori una grande abbondanza di cibo, senonché l’imbattibile potenziale riproduttivo e l’incessante attività del coleottero rendono del tutto irrilevante l’attività predatrice del ratto, che pure se ne sazia, vanificando le speranze iniziali. La ricerca di alternative ha spinto le ricerche anche in altre direzioni, ad esempio, l’introduzione di funghi, di nematodi (vermi) o di virus entomopatogeni, tutti metodi in grado di aggredire i parassiti. Il sistema fungino ha evidenziato però una efficacia limitata mentre i nematodi, microscopici vermi dotati di grande mobilità, hanno sortito effetti significativi a condizione di poter agire in condizioni di temperatura e umidità appropriate (vale a dire, in laboratorio). I predetti funghi e vermi sono reperibili in commercio, hanno costi non trascurabili e possono contribuire unicamente a ridurre la densità di popolazione del coleottero ma, in definitiva, sembrano semplicemente in grado di allungare l’agonia delle palme trattate. È inoltre possibile affrontare l’infestazione tentando la cattura dei coleotteri, intrappolandoli in quantità mediante appositi secchi senza uscita, trappole attrezzate con una combinazione di sostanze attrattive ed alimentari gradite al parassita. Tale metodo, oltre a non essere applicabile a tutti gli areali, in effetti, riesce soltanto a ridurre il numero di individui ed ha, anche in questo caso, dei costi significativi in termini economici e logistici. Si considerino le spese per l’acquisto e l’accurata installazione e sostituzione delle trappole (determinante per il corretto funzionamento) e per l’indispensabile loro manutenzione, senza contare la necessità di predisporne anche una quota parzialmente interrata secondo schemi ben precisi. È evidente che in tutti i casi, si parla di interventi assai onerosi (per ogni singola palma, pubblica o privata che sia), per non dire insostenibili, da eseguire sempre sulla cima di alberi alti anche più di dieci metri, punti che dovranno essere raggiunti da personale specializzato che dovrà essere sollevato in sicurezza dentro appositi cestelli di elevazione. Esistono anche dei prodotti chimici fitosanitari, efficaci limitatamente ai casi affrontati per tempo, ma si tratta di prodotti tossici per i quali in Italia, ad esempio, è proibito l’impiego, tanto nelle aree pubbliche quanto nei giardini privati, inoltre sono in genere dei principi attivi non compatibili con palme destinate a produrre frutti (datteri, noci di cocco). In definitiva, si tratta di sostanze che, talora usate in regime di deroghe ministeriali rispetto ai vincoli imposti per la salute pubblica, prevedono irrorazioni con insetticidi sull’intera corona della palma, operazione complessa perché è fondamentale raggiungere gli apici vegetativi. In certi casi, l’intervento viene eseguito mediante predisposizione di tubature, impianti fissi destinati ad erogare gli antiparassitari in modo selettivo ed a bassa pressione (fino a venti litri di prodotto per volta). Anche in questo caso, dovendo operare su tutte le palme presenti in areali circoscritti, le spese appaiono proibitive e reiterate periodicamente, considerato che ogni trattamento dovrà poi essere ripetuto, ogni quindici giorni per ciascuna palma, per un lungo arco di tempo. Si tratta comunque come si è detto, di trattamenti proibiti, cui consegue un notevole impatto ambientale e che, se eseguiti in casi speciali, non potrebbero mai essere effettuati in modo improvvisato o al di fuori di piani generali molto bene definiti ed organizzati. E ancora, non mancano gli approcci “dendrochirurgici”, complesse operazioni che consistono in una ripulitura drastica dell’albero infestato. In questo modo, con una serie di tagli vengono rimosse tutte le parti infestate, riducendo all’osso la cima della quale viene risparmiato soltanto un apice vegetativo estremamente esiguo, il “cuore di palma”. Attualmente tale tecnica sarebbe la più efficace in assoluto ma, comunque, è molto costosa e non sempre risolutiva, infatti un elevato numero di palme muoiono ugualmente nel giro di pochi mesi, senza contare che una pianta così risanata, in zone infestate, non tarderebbe ad essere nuovamente aggredita. Inoltre va ricordato che, per qualsiasi genere di intervento operato, dovrebbero essere immediatamente allestite, per i residui vegetali, delle idonee barriere fisiche di contenimento e, per impedire lo sfarfallamento degli adulti, i resti vegetali, anche nel caso delle piante morte, dovrebbero essere immediatamente rimossi e distrutti mediante trinciatura e bruciatura, da eseguire in tempi brevissimi. Ad oggi risultano inoltre inefficaci anche i tentativi di utilizzare la tecnica di introduzione di maschi sterili tra la popolazione dei punteruoli rossi. Esistono, naturalmente, dei soggetti pronti a giurare di avere risolto il problema ricorrendo ad intrugli fatti in casa ed a procedure improvvisate. E sul mercato operano anche aziende che commercializzano legittimamente i loro prodotti antiparassitari assicurandone l’efficacia. Si ha però l’impressione che, pur servendosi di tali cure, non sia comunque possibile liberarsi dall’infestazione, salvo sottoporre in modo permanente a pesanti trattamenti le proprie palme, affrontando però anche ingenti spese a tutto vantaggio dei distributori di tali prodotti, un commercio comunque lecito, è bene ricordarlo. In proposito, vale la pena di ricordare che da una ricerca universitaria italiana, realizzata su un campione di quattrocento piante, è emerso che, nonostante l’impiego di validi antiparassitari, l’omesso trattamento di un’unica palma ammalata è sufficiente a vanificare i trattamenti eseguiti sulle palme restanti, una misura che appare davvero sconfortante. Non è infatti difficile immaginare come le palme, distribuite tra verde pubblico e privato, difficilmente potranno mai beneficiare di trattamenti così attenti, univoci ed onerosi. La lotta al punteruolo rosso è decisamente impari, ciò non toglie che le amministrazioni di tutti i paesi debbano condurla in modo sistematico, continuando le ricerche in modo razionale e coordinato, investendo anche in prevenzione attraverso campagne educative e d’informazione e mantenendo aggiornata anche la legislazione in materia. La gestione e la difesa del verde nelle aree urbane deve inoltre prevedere necessariamente il coinvolgimento di figure specialistiche, dal progettista del paesaggio, all’agronomo, al fitopatologo e all’entomologo, professionisti in grado di progettare il verde e di gestire con razionalità le avversità inattese. Il patrimonio arboreo dei nostri paesi è inesorabilmente in perdita, si stima che ad una palma adulta corrisponda approssimativamente un valore economico nell’ordine delle migliaia di euro. Ma si tratta anche di un inestimabile danno d’immagine ed affettivo, pezzi di paesaggio storico che ad un tratto scompaiono e divengono semplici ricordi mentre a colpi di motosega si sgretolano gli abituali scenari sostituiti da schiere di fusti scuri, privi di vita. Si pensi che un altro letale parassita che infesta le palme del nord Africa, ha già distrutto, negli ultimi anni, ben 12 milioni di palme in Marocco ed altri 3 milioni in Algeria. Sono cifre da brivido ed è ora che chi ne ha la responsabilità reagisca con grande impegno e coordinazione: occorre darsi da fare, cercare di mettere a frutto gli insegnamenti che ci giungono da questa dura lezione e cambiare rotta. E in Tunisia a che punto siamo? Sappiamo che i datteri giocano un ruolo di tutto riguardo nell’economia agraria della regione, più o meno il 12% della popolazione trae il proprio sostentamento da questa economia. Il punteruolo rosso, malauguratamente, si trova già in testa alla classifica dei peggiori infestanti tra gli esemplari relativamente più giovani delle palme da dattero, ossia gli alberi al di sotto dei vent’anni d’età, ma anche gli altri sono tutt’altro che esclusi. È stato calcolato che la regione del Maghreb ha una produzione di poco inferiore ad un milione di tonnellate di datteri, frutti provenienti da un patrimonio che è stimato approssimativamente in 25 milioni di palme, circa cento palme per ettaro distanziate di dieci metri l’una dall’altra. Un rapporto pubblicato di recente ed inerente l’infestazione da punteruolo rosso e le procedure di contrasto, ha ulteriormente precisato come la contaminazione nelle palme di età compresa tra i 6 ed i 15 anni abbia raggiunto addirittura il 75% delle palme. Dalle ricerche è emerso in modo indiscutibile che la Palma delle Canarie, la Palma Dattilifera e la Palma da Cocco sono le specie più soggette agli attacchi. Praticamente nell’intero bacino del Mediterraneo, l’attacco di punteruoli rossi si segnala soprattutto nei confronti delle palme delle Canarie, in assoluto più che in qualunque altra varietà. Tale evenienza non fa che confermare come questo disastro, la diffusione del letale coleottero, sia da addebitare soprattutto ad uno sconsiderato traffico commerciale di palme e di altre specie vegetali ornamentali, senza avere mai fatto ricorso alla precauzione della quarantena. In questa prospettiva, da più parti sono state rivolte sollecitazioni ai Paesi del Maghreb, affinché si provveda a vietare sia l’importazione sia il trasferimento interno di palme ornamentali. Uno studio recente che ha coinvolto anche il Ministero dell’Agricoltura tunisino, dà notizia di una raccolta di campioni di insetti, in vari stadi di crescita, su frammenti di Palma delle Canarie, prelevati verso la fine del 2011 a Cartagine. La loro osservazione scientifica ha confermato l’effettiva identificazione del parassita con il punteruolo rosso e, questo sarebbe il primo dato rilevato in Tunisia che confermi in modo certo questo genere di infestazione. Tra le altre informazioni disponibili, risulta che delle osservazioni, anche strumentali, hanno permesso di accertare che tra decine di palme ornamentali, da 30 a 40 esemplari di Palma delle Canarie erano rinsecchite, con le cime che apparivano gravemente ammalate. Dalla ricerca emerge inoltre che il Punteruolo Rosso sta diventando il più grave e micidiale attacco parassitario alle palme da dattero a livello mondiale. Intanto il Servizio di Quarantena della Direzione Generale della Protezione e Controllo della Qualità dei Prodotti Agricoli tunisino, ha inviato una comunicazione ufficiale alla municipalità cartaginese, attivando così degli interventi in proposito. Non si può escludere che anche il riscaldamento globale del pianeta abbia contribuito a tale disastro, verosimilmente rendendo questo habitat più ospitale e favorevole ai parassiti esotici. Ma un maggiore rispetto e più considerazione per i principi ecologici, per gli aspetti tossicologici, oltre che per quelli economici, restano dei capisaldi sui quali dovrebbe incardinarsi un controllo organizzato e volto a contenere tutte le forme d’inquinamento come anche, in questo caso, l’impiego dei disinfestanti sintetici. Intanto speriamo in un favorevole colpo di scena, un po’ come accade nei bei sogni, senza dimenticare come nel nostro piccolo tutti hanno almeno un pizzico di responsabilità. Tra i musulmani, nel mondo onirico la palma simboleggia un sapiente, il sogno di una palma abbattuta ne rappresenta la morte. Auguriamoci allora un maggiore rispetto per l’ambiente e più incoraggiamento e sostegno per le pratiche colturali sostenibili ed equilibrate, in cui le soluzioni di contrasto biologico e di contenimento naturale possano avere la precedenza. 

Cinzia Olianas

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