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  Dossier
 708 - GLI KSOUR TUNISINI VERSO IL RICONOSCIMENTO UNESCO

 

Gli ksour tunisini verso il riconoscimento UNESCO

 

riscoprire ciò che già possediamo

anziché cercare una spiegazione

per ciò che abbiamo perduto . . . “       

(Simon Schama, Paesaggio e Memoria, Mondadori 1998)

Come nasce una storia.

Testimoni di un passato intriso di storia, magnifiche emergenze architettoniche, abitatori  solitari dei grandi spazi del Sud-Est tunisino, gli ksour reclamano una nuova ragione di vita. Sono arrivati fino a noi per portarci un messaggio che abbiamo il dovere di ascoltare e di trasmettere. Ci chiedono la nostra attenzione e la nostra considerazione. Non vogliono svolgere una parte passiva, museale, di pura contemplazione estetica o di nostalgia per un passato per quanto ricco di valori e significati, chiedono una presenza partecipativa alla vita, chiedono di interpretare la continuità nella storia Nord Africana. E tunisina in particolare.

Il mio incontro con gli ksour è la storia di un amore ininterrotto, nasce agli inizi degli anni ’70, con la scoperta delle abitazioni ipogee di Matmata e delle ghorfa di Chenini. Allora le informazioni e le rotte turistiche non andavano molto oltre. Come in tutte le storie di amore autentico, il mio lento avvicinamento al mondo degli ksour ha subito alti e bassi, abbandoni e nuove comprensioni. Da qualche anno la possibilità di penetrare più facilmente nel retroterra tunisino, mi ha portato a nuove scoperte, a nuove considerazioni e a nuovi incontri. Con l’aiuto di storici, linguisti, ricercatori tunisini e italiani la mia visione si è sempre più arricchita e motivata fino a sfociare in un ambizioso progetto di inserimento della vasta area popolata dagli ksour nella lista del luoghi “Patrimonio dell’Umanità”. Ricevuto il patrocinio e l’incarico da parte dell’UNESCO, ora si stanno creando le condizioni di un lavoro comune tra le autorità tunisine, le Università italiane e i più qualificati esperti di cultura e di storia degli ksour. Il mio intento è quello di lavorare in sinergia e in aperta collaborazione con tutti gli attori in questo lungo ed impegnativo processo di valorizzazione.   Nuove esigenze emergono dal contesto sociale ed economico odierno e nuovi compiti sono chiamati ad assolvere questi oggetti mimetizzati nel deserto. Il Progetto presentato all’UNESCO si inserisce in questa ottica: innanzi tutto certamente la salvaguardia, il restauro architettonico, la valorizzazione di questi complessi, ma nel contempo la loro proiezione in un programma più generale nel quale queste straordinarie emergenze  possano ritrovare quel ruolo di stimolo e di orientamento che per secoli hanno avuto nel contesto socio-culturale del Nord Africa.

Per chi avesse solo una sommaria informazione sulla presenza, ubicazione e significato  di          queste imponenti opere, sintetizzo qui di seguito la loro genesi, la loro funzione economica e la loro influenza sulla evoluzione della cultura amazigh (berbera) e berbero-araba.

Basi storiche per il Progetto “Salva-Ksour”

L’area di pertinenza del Progetto denominato per brevità “Salva-Ksour” corre da Matmata a Dehibat e comprende le zone a Sud dell’Isola di Gerba e più precisamente la Jeffara (la pianura tra mare e montagne), l’ altopiano del Dahar e le aree sabbiose verso Remada  fino al confine libico  ed oltre  (Jebel Nefousak). In questa stessa area si susseguono vestigia di fortini romani come gli Ksar (bordj) Tarcine (Centenarium Tabubuci), Ksar Ghillane (Tisavar), sidi Aoun,  margab Ed’ Jeb (o Bir Rhezen), Ras el Ain (Talalati) e Remada (Tillibari), nonché le tracce rettilinee dei limes ancora visibili presso l’ oued Zrhaia. Fu dunque nel periodo dell’ espansione e della conquista arabo-mussulmana che per la prima volta le popolazioni autoctone incominciarono a ritirarsi sulle alture, ed è soprattutto con l’arrivo degli Hilaliani (X-XI° sec) che l’insediamento umano delle aree cambiò in maniera radicale con la concentrazione di queste popolazioni  (sedentarie e ad economia prevalentemente agricolo-pastorale) nelle zone montuose del Dahar (tra l’altro sempre più aride) per lasciar posto agli hilaliani, tribù nomadi più aggressive e più dinamiche, inclini alla pratica delle razzie per sopravvivenza. Le relazioni tra imazighen e hilaliani oscillarono tra confronto diretto e servitù, fino a raggiungere (dopo l’arrivo dei marabuti provenienti dalla Segui El Hamra), una certa complementarietà fondata sugli scambi commerciali tra montagna e pianura. I berberi abbracciarono l’Islam attraverso l’influenza della scuola karijta-ibadita (proveniente dall’Oman) poiché  questa interpretazione coranica permetteva loro, popolo di origine non araba, di professare la fede islamica a pieno titolo.

La cultura amazigh, attraverso la lingua, i costumi, i colori, la tessitura, l’alfabeto sopravvisse nei secoli fino ad oggi accanto alla successiva componente araba alla quale, questa cultura autoctona, deve molto a cominciare da una organizzazione socio-economica più allargata, dalla religione, dall’inserimento di tutto il mondo berbero in un contesto sovranazionale.

Le “invenzioni”  degli ksour e dei Jessour.

Spinti in modo irreversibile sulle montagne, i popoli delle pianure del Sud tunisino (come peraltro in Cabilia e nell’Atlante) dovettero sostenere uno sforzo immane: trasformare la propria economia adattandola al nuovo ambiente, abbandonando l’agricoltura in favore di una diversa specializzazione agricolo-pastorale e soprattutto difendersi dagli attacchi esterni e ritrovare una risposta funzionale alle esigenze abitative.

La scarsità d’acqua nel periodo secco seguita da repentine inondazioni e l’insicurezza derivata dalle successive spinte migratorie provenienti da Est, diedero origine alle due fondamentali “invenzioni” civili: gli Jessour e gli Ksour.

- Il sistema degli Jessour consiste in una capillare organizzazione agricolo-territoriale basata su  particolari dighe destinate a trattenere sia l’acqua piovana sia i detriti di sbriciolamento delle aride montagne circostanti. Gli Jessour costituiscono un sistema di sbarramenti pietrosi, disposti a catena, dotati di sfioratore (laterale o centrale) che trattiene solo una parte di acqua di ruscellamento, la quale mescolata ai sedimenti fini di trasporto, crea larghe terrazze fertili, degradanti e leggermente inclinate che permettono colture di cereali, foraggio, alberi da frutta, ulivi e palmeti. Con una piovosità stimata in quei tempi di circa 100 mm annuali, il sistema degli Jessour, per via della infiltrazione forzata indotta, elevava artificialmente questo valore equiparandolo ad una media pluviometrica di circa 300 mm. In più l’accortezza di lasciare che la foliazione delle piante (in particolare dell’ulivo) arrivasse fino a terra, limitava l’assorbimento dell’umidità da parte dell’insolazione dal 30 al 50% in relazione alla esposizione. L’ulivo poteva (e può) così sopravvivere ad un clima normalmente inadatto fornendo alle popolazioni, l’olio (dai mille usi), la sansa che mescolata alla crusca (o pula di miglio e grano) e alla paglia è il principale integratore alimentare delle bestie da soma e dei dromedari, il foraggio e la legna per i fuochi di cottura e per ricavare il carbone, tutte pratiche ancora attuali presso i villaggi dell’interno.

- La seconda invenzione sono stati gli ksour,  sistemi difensivi altamente evocativi e simbolici, nati da un insieme di fattori economici, storici e sociologici, declinatesi nel tempo in forme diverse e in condizioni geomorfologiche diverse.  Definiti come “granai fortificati” ottemperano in realtà a più funzioni in risposta alle diverse esigenze dettate dai tempi, dalle condizioni ambientali e dal grado di relativa sicurezza socio-politica. Gli ksour tunisini, libici, algerini e marocchini sono, nelle diverse soluzioni architettoniche locali, l’espressione più compiutamente sintetica della originalissima civiltà nordafricana.

In Tunisia essi nascono in prima istanza in luoghi quasi inaccessibili con lo scopo di custodire i prodotti agricoli e i beni di un clan o di un erch (gruppo di famiglie). Oltre a questo privilegio difensivo per i beni di sopravvivenza alimentare lo ksar aveva quello di ospitare le popolazioni in tempi di assedio.  L’inaccessibilità, l’insilamento e lo stoccaggio sotterraneo caratterizza la complessa concezione architettonica concepita per questo intento. Secondo una tradizione orale raccolta sul posto, e che forse si rifà alla  memoria dei famosi sette anni di biblica carestia, gli alveoli ipogei degli ksour consentono secondo una credenza popolare, di conservare in maniera ecologicamente sana i prodotti agricoli per un periodo analogo di anni.

Declinazione formale dello ksar tunisino.La diversificazione più evidente degli ksour dipende dalla localizzazione e, ancora più sostanzialmente, dal periodo di costruzione che riflette le tre principali ere nelle quali solitamente si divide la loro storia: ksour-cittadella, ksour di montagna e di collina, ksour di pianura. Vediamo quindi di fare una rapida sintesi di questa funzionalità dal punto di vista cronologico

a) Ksour Cittadella o Kalaa (fortezza). Sono i rifugi più impressionanti per la loro posizione aerea prospiciente le vallate, del tutto o quasi del tutto staccati dall’altopiano. Occupano le cime più alte e spesso cime-piatte simili alle mesa dell’Arizona, là dove la montagna presenta stratificazioni rocciose genericamente parallele di durezza differente: gli strati più teneri e argillosi sono scavati in profondità in modo da ricavare spazi utili allo stoccaggio, spazi che hanno come tetto lo strato di roccia calcarea più consistente. Circondate da mura e con un solo ingresso fortificato le kalaa dominano i villaggi costruiti sulle falde sottostanti ed edificati con lo stesso principio ipogeo seguendo le curve isometriche dei terrazzamenti. Ad una parte di architettura ottenuta per sottrazione si aggiunge una parte esterna ottenuta per addizione. Tra le due parti, una volta spianato il terreno di riporto o ripulito il terrazzamento roccioso naturale, viene ricavato un cortile isolato da muri laterali che da a sua volta su altri cortili di altre unità. Queste originali abitazioni presentano molti vantaggi: il contenimento e la protezione dell’intimità della vita famigliare, uno spazio esterno per cucinare, per vivere il tempo diurno, per allevare animali domestici (galline, conigli, una o due capra) e uno spazio ipogeo per la conservazione ecologica di piccole derrate alimentari destinate all’immediata sopravvivenza famigliare.  In più, questi locali  sotterranei, durante l’inverno o durante le intemperie, offrono un riparo termicamente neutro: caldo d’inverno e fresco d’estate. In caso di disordini le popolazioni si chiudevano all’interno delle sovrastanti kalaa, sopravvivendo con le riserve alimentari collettive e con l’acqua piovana raccolta nelle cisterne scavate nella roccia.  Sempre nella roccia e all’interno della montagna sono ricavati spazi più ampi dedicati alla spremitura delle olve (frangitoi ipogei).

b) Ksour di montagna. Posizionati sulle cime di colline o su leggeri declivi, dominano le depressioni fertili e le vicine vallate coltivabili. I siti sono più facilmente accessibili rispetto agli ksour Cittadella e testimoniano la progressiva scomparsa delle condizioni di emergenza. Tuttavia conservano un forte aspetto difensivo e non sono obbligatoriamente associati a villaggi o a strutture abitative. Assolvono principalmente alla funzione di granai e datano intorno a 4 secoli fa fino a metà dell’ 800. Veri e propri “monumenti” che segnano con la loro forte e compatta presenza architettonica un paesaggio meno  esasperato e meno primitivo dei precedenti. Sostituiscono gli spazi architettonici ipogei, caratteristici degli ksour più antichi, con vere e proprie emergenze architettoniche. Il notevole impatto estetico è il risultato di numerose novità costruttive ed urbanistiche. La svolta stilistica avviene in concomitanza di una alleanza collaborativa tra le tribù arabe sedentarizzate e i gruppi autoctoni. L’incontro di queste esigenze vitali e la necessità di difesa comune contro nuove invasioni  hanno dato vita alle originalissime forme degli ksour di questo periodo, forme che segnano tutto il vasto territorio a Nord Ovest e a Sud Est di Tataouine.   

Sono costituiti da un numero elevato di ghorfa (da 80 a 200 e fino a 400 nel caso di Ouled Soltane, Oun e Béni Barka)) accostate sia in pianta sia in alzato e tali da mostrare all’esterno una superficie chiusa e continua, più o meno alta a seconda dei piani di ghorfa sovrapposti.

Costituiti da un numero elevato di ghorfa (da 80 a 200 e fino a 400 nel caso di Ouled Soltane, Oun e Béni Barka)) accostate tra di loro sia in pianta sia in alzato mostrano all’esterno una superficie chiusa e continua, più o meno alta a seconda dei piani di ghorfa sovrapposti.

C) Ksour di pianura

Gli ksour di pianura rappresentano l’ultima fase dell’evoluzione di questa organizzazione socio-economica. Il merito (o il motivo) di questa “discesa in pianura“, sta nella adozione anche da parte della componente araba, dell’archetipo “granaio-fortificato”, modello riconosciuto funzionale alla evoluzione di una economia più stanziale. Non avendo impedimenti topografici occupano uno spazio più vasto e sono generalmente ad un solo piano. Alcuni (Ouled Mhiri, el Ferch) sono a due piani. Lo ksar Morra, il più grande, occupa circa un ettaro ed aveva essenzialmente una funzione di granaio. Sotto il protettorato francese (dal 1881) questo tipo di struttura assume carattere amministrativo e viene spesso trasformato in mercato (Medenine) e successivamente assorbito all’interno di una espansione edilizia originata dalla sedentarizzazione della popolazione indotta dagli europei e originata dall’incremento della produzione agricola destinata all’esportazione e dalle nascenti linee commerciali verso la Libia e verso Tunisi. È in questa fase che alcune cospicue concentrazioni di ksour (come appunto a Medenine dove esistevano ksour fino a 5 piani) vengono distrutte in funzione di una radicale trasformazione urbanistica ed ediliza. In qualche caso (Tataouine) lo ksar originario, accostato ad un insediamento militare, prende origine dall’allestimento di una area-mercato da parte di commercianti ebrei che vendevano ai militari oggetti preziosi, gioielli e altri beni.  Successivamente, per l’inserimento a Tataouine degli Jlidet (provenienti dalla vicina area che si riferisce alla moschea di Sidi Abdelh Bu Jlida) e per la successiva costruzione di una Prefettura, l’iniziale villaggio diventa una cittadina in sempre più rapida espansione. Poi, in seguito alla “legge Bourghiba”, altri centri a partire dagli anni ’60 come Ben Guerdane , Zarzis, Metameur e la stessa Douiret, segnano un nuovo modo di occupare lo spazio e di organizzare la vita in senso moderno. Lo ksar ormai esprime solo una funzione di bisogno; le regole intrinseche di unità e di espressività architettonica non trasmettono più con la stessa forza le urgenze di un progetto di vita e di conseguenza vengono meno le qualità costruttive.

Dal punto di vista temporale, pur nella sostanziale trasformazione subita nei secoli nelle varie geografie del Magreb, si può dire che l’istituzione degli ksour popola l’ambiente nordafricano per un periodo storico di un millennio essendo noto che in Tunisia si continuò a costruirli nell’area di Tataouine fino alla fine degli anni ’40 del 900.

 

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