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  Dossier
 652 - LA FINE DEL CIBO

 

“La fine del cibo”, ecco come il Guardian di Londra riassume un altro grande fenomeno o futuro cataclisma che attanaglia il nostro pianeta. Stiamo parlando del deficit alimentare, che negli ultimi anni si sta  aggiungendo  ai problemi già numerosi come l’insufficienza idrica, l’inquinamento cronico ed esponenziale, la desertificazione, l’aumento continuo ed inarrestabile della popolazione terrestre....

Con l’avvento della scoperta dei biocarburi come l’etanolo insieme alla presa di coscienza delle limitate risorse di idrocarburi assistiamo oggi giorno ad un incredibile quanto celere fenomeno di  graduale  riconversione di terre  prima votate alla produzione di prodotti agricoli e che oggi vengono adibite alla coltivazione di  biocarburi.

Nella nostra “civiltà del petrolio”, dove quest’ultimo rappresenta  la fondamentale risorsa alla base della produzione di energia che é imperativa per far funzionare gli ingranaggi della “nostra storia”, i biocarburi si vengono a porre come un “ecologico suppletivo”. Ciononostante questo suppletivo comporta inevitabilmente delle conseguenze ovvero quella di definire il confine tra quelle che devono essere le terre destinate alla produzione di energia e quelle consacrate alla produzione di cibo per poter sfamare la popolazione della terra. Secondo gli obiettivi posti dalla casa bianca l’America entro dieci anni dovrebbe essere in grado di produrre un quarto dei carburanti necessari agli Stati Uniti in forma non fossile. Impressionante se si pensa alle conseguenze. Sempre più agricoltori indirizzano la loro produzione in quest’ottica cosi tanto che si calcola che nel 2006 circa il 20 % del raccolto di granturco statunitense é stato devoluto agli impianti di produzione di etanolo che tra l’altro aumentano esponenzialmente data la grande richiesta. Lo stesso succede dall’Europa fino all’India, in Sud Africa o in Brasile. Questa conversione ha portato incontrovertibilmente ad un notevole aumento dei prezzi degli alimenti in particolare il prezzo del frumento é aumentato del 100 % dal 2006,  c’é da chiedersi dove si vuole arrivare.

Altro aspetto preoccupante della questione é la modofica delle abitudini alimentari di alcune popolazioni che stanno  passando da una alimentazione ricca di verdure ad una composta in più larga misura di carne e latticini ; é il caso di Cina e India con le loro enormi popolazioni che insieme annoverano circa il 40 % della popolazione mondiale. Questo fatto é utleriormente inquietante : quanti ettari di terra dovrebbro e essere destinati al sostentamento dei bovini ad esempio necessari alla produzione di carne sempre più presente nella nostra alimentazione?

Su queste annose quanto interessanti questioni consigliamo due letture interessanti ed anche a tratti divertenti dell’autore  Jeremy Rifkin,  laureato in Economia alla Wharton School (presso l’Università della Pennsylvania) ed in Affari Internazionali alla Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University, dal titolo “Entropia” “Le conseguenze dei principi entropici (scarsità di risorse e riscaldamento globale”) (Baldini &Castoldi, 2000) e “Ecocidio” “Ascesa e caduta della cultura della carne” (Mondadori, 2001).

 

 

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