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  Dossier
 635 - Dossier - LA MEDINA DI TUNISI

 

La Medina di Tunisi, un patrimonio da preservare ma soprattutto da far rivivere

 

Ancora oggi rimaniamo affascinati davanti alla misteriosa bellezza e tipica architettura della Medina di Tunisi, uno dei rari modelli di città araba rimasto intatto.

Non per niente è stata iscritta dall’UNESCO come patrimonio mondiale dal 1979. Con i suoi minareti, cupole bianche, sentieri, zaouia, medersa, palazzi, souk e vecchie abitazioni, la Medina costituisce una entità omogenea che testimonia un saper-fare arabo-musulmano arricchitosi attraverso gli anni degli apporti delle diversi popolazioni che l’hanno abitata. Così conquistatori arabi, berberi hafsidi, spagnoli, turchi ottomani e huseiniti, andalusi, oltre a cristiani ed ebrei, tutti hanno contribuito, ognuno a suo modo, a dotare il luogo delle sue più prestigiose costruzioni e bellezze architettoniche ma, soprattutto, a farne uno spazio di dialogo e di convivenza tra le diverse religioni.

Certo la Medina non ha vissuto sempre momenti gloriosi nella sua storia poiché ha dovuto subire parecchi cambiamenti che hanno danneggiato la sua struttura senza pero' riuscire a modificarne l’anima. I due esempi più significanti, in tal senso, potrebbero essere la creazione della città “europea” e il suo sviluppo, a scapito della Medina, e il forte movimento di esodo rurale degli anni 60 verso la città storica, disertata dai suoi veri abitanti borghesi. E’ stata tuttavia eccezionale la sua capacità di adattarsi al cambiamento senza perdere il suo fascino storico, la sua profondità spirituale e l’immensità del suo patrimonio.

Ritornare oggi sulla storia della Medina  serve non solo a immergersi nell’anima del luogo ed esaltare la grandezza del suo passato ma anche a riflettere sui migliori modi di preservarlo facendolo rivivere.

 

Da  campo  militare a capitale

di Stato

 

Tunisi non è stata sempre un posto privilegiato per regnare sul Paese benché presentasse tanti vantaggi in quanto situata su una collina e tra due laghi collegati direttamente al mare. Infatti mentre i cartaginesi, e dopo di loro i romani, hanno preferito come posto strategico Cartagine, gli arabi, quanto a loro, si sono interessati a Kairouan, dal clima più simile a quello della penisola araba . Nonostante questo, Tunisi ha beneficiato sempre di una posizione privilegiata prima di diventare capitale. Già nel VII° l’emiro Hassan Ibn Nooman aveva fatto spostare gli abitanti di Cartagine verso Tunisi predisposta come città. Il piano di origine della Medina era molto semplice e utilitaristico in quanto organizzato secondo i bisogni urgenti delle truppe arabe. La prima cosa da costruire furono delle mura solide per proteggere il campo militare, poi fu edificata la moschea della Zitouna  per i bisogni di culto. Intorno alla moschea furono costruiti poco a poco i negozi, le abitazioni e i quartieri, separati tra di loro con delle strade che proseguivano sino alle mura della città dove si trovano le porte che servivano anche come posti di controllo. Questo primo schema fu ovviamente sviluppato nel corso del tempo senza perdere, per tanto, la sua originalità. Infatti i quartieri sono stati organizzati per comunità etnica, le mura consolidate e i souk (magazzini) ripartiti secondo l’attività economica. Più tardi con l’avvento della dinastia di Banou Khourassan, che creò un principato autonomo a Tunisi dopo l’invasione del Paese da parte delle tribù di Banou Hillal, la città fu consacrata capitale e furono costruiti un palazzo e una moschea nella piazza attuale del Kassar vicino a Bab Mnara. Ma la vera consacrazione avvenne nel XII secolo con gli Hafsidi  quando Tunisi divenne la capitale di uno stato indipendente.

 

Una Medina multiculturale e multietnica

 

Il loro regno fu caratterizzato dall’estensione  della Medina e la costruzione della Casbah composta dagli uffici amministrativi e dal palazzo reale. Oltre che dalla Casbah, la Medina fu arricchita da una serie di medersa (una sorta di pensionato per gli studenti della Zitouna), di zaouia (mausoleo) e di nuovi quartieri destinati soprattutto ad accogliere la nuova comunità cristiana stabilitasi nella città. La presenza cristiana fu dovuta a trattati commerciali firmati fra il governo Hafside e gli stati europei, in particolare con Venezia e le altre repubbliche italiane, a partire del XIII secolo. Stabilite prima negli fondouk (albergo), le colonie cristiane svilupparono una forte attività commerciale che permise loro di creare, più tardi, i loro propri souk, come Souk el Grana dei commercianti livornesi e Souk delle Vetrerie (quella di Venezia), e i loro propri quartieri, situati nella zona della porta del mare “Bab Bhar” con le loro chiese (chiesa di via Jamaa Zitouna, chiesa di Bab Cartagenna, ecc). Ma la comunità cristiana non era la sola comunità straniera stabilitasi all’interno della Medina  poiché molto prima di quell’epoca una popolazione ebrea si era insediata nella città grazie all’aiuto di Mehrez Bnou Khalef, padrone incontestato di Tunisi durante la sua lotta contro i Fatimidi, e che divenne poi Sidi Mehrez, un marabutto venerato sia dai musulmani che dagli ebrei. Essi costruirono il loro quartiere della Hara con la Grande Sinagoga. Una tale convivenza tra popoli di diverse religioni non sarebbe stata possibile se non fosse regnato un clima di sicurezza e di tolleranza che si rafforzò ulteriormente con l’arrivo dei turchi ottomani nel 1574. I nuovi padroni del Paese fecero appello alla popolazione locale, nelle  sue diverse componenti, per rafforzare il loro potere e rilanciare la loro nuova capitale dopo l’invasione degli spagnoli. Oltre ai cristiani e agli ebrei, un nuovo elemento venne ad arricchire la società tunisina e modernizzare considerevolmente il Paese. Si trattava degli andalusi espulsi dalla Spagna e stabilitisi, in gran parte, nella  Medina. Essi parteciparono alla costruzione di prestigiosi palazzi, medersa, zaouia, tourba (costruzione funeraria), fondouk, fontane pubbliche e nuovi souk, su ordine dei turchi.

Parallelamente all’esplosione urbanistica e architettonica della città ci fu una esplosione demografica che condusse alla distruzione delle mura che proteggevano la Medina e delle sue due periferie Sud e Nord (Bab Souika e Bab Jazira). Cominciava allora un lungo periodo di degrado per la città, rafforzato dall’avvento del protettorato francese e la costruzione di una nuova città moderna accanto a quella vecchia abbandonata, in qualche modo, alla sua sorte.

 

Ricreare l’ambiente di una volta

 

Con l’indipendenza del Paese terminò la distruzione totale delle mura della Medina e, parallelamente, essa fu disertata dai suoi abitanti che preferirono spostarsi in case moderne costruite sul modello europeo. Nelle loro vecchie abitazioni venne a stabilirsi invece una popolazione rurale che immigrò massicciamente verso Tunisi. Il risultato fu il deterioramento delle strutture urbane, il degrado delle costruzioni (abitazioni e altro) e la decadenza dell’attività economica con la scomparsa di mestieri artigianali (chaouachi, tintori, ecc) sostituiti da un commercio popolare.

Di fronte a questa situazione, si sono moltiplicati i piani di sistemazione urbanistica e di restauro in uno spirito che, pur proteggendo la città storica con le sue diverse componenti, prendono in considerazione anche il preservare delle forme di vita economica e sociale degli abitanti.

In questo senso l’Associazione di Salvaguardia della Medina di Tunisi e il Comune di Tunisi hanno identificato tutta una strategia che stanno realizzando in collaborazione con numerosi enti finanziatori internazionali. Si tratta di progetti di restauro di monumenti religiosi (moschee, medersa, zaouia), palazzi (Palazzo Kheïreddine) e dei souk  e della loro finalità verso una nuova funzione quando quella originale non esiste più (club culturali, gallerie d’arte, club di informatica, ecc). Inoltre sono stati aperti grandi cantieri per migliorare l’infrastruttura di certi quartieri e ricostruire le abitazioni cadute in rovina come nel caso del quartiere della Hafsia. Tuttavia è necessario andare oltre alla sola ricostruzione del patrimonio fisico. Bisogna far rivivere quello morale attraverso il rilancio dei mestieri del passato, la creazione di eventi culturali intorno alla memoria della città e la promozione di un turismo culturale che faccia risorgere l’anima viva del luogo. 

Si tratta insomma di ricreare l’ambiente di una volta e di ridare alla Medina tutto il suo splendore di città aperta, accogliente e fiera del suo patrimonio inesauribile.

                              

Hanene Zbiss

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