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Il Corriere di Tunisi “online” riporta le principali notizie pubblicate dal giornale distribuito in abbonamento e in vendita in edicola


In “lettere” la voce dei lettori che ci possono scrivere anche via email


 

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 828 - 180 [nuova serie]

NOSTRI PROBLEMI

Piogge devastatrici in questo fine settembre si sono abbattute in Tunisia, in particolare nella regione di Nabeul dove la fragilità delle infrastrutture fognarie, l’abusivismo, l’accumulo di rifiuti hanno ulteriormente aggravato i danni dovuti alle piogge torrenziali. Diceva il nostro Machiavelli che per evitare lo straripare dei fiumi, occorre costruire gli argini altrimenti saremo sempre in balia della “fortuna”, ossia del caso. Ma come passare dalla fortuna alla virtù e cioè dal subire al prevedere, dal fato alla ragione? Abituati all’immediato, all’istantaneo fruire ci allontaniamo dagli effetti che un’azione qualsiasi può produrre nei tempi lunghi o anche medi a scapito del nostro futuro ma anche del nostro pensare. Certo, sappiamo che a una causa non corrisponde necessariamente un effetto poiché possono esserci molteplici cause e molteplici effetti, ma la volontà di cancellare l’effettualità dal nostro orizzonte mentale mette a rischio la nostra capacità di valutare le cose e ci trascina verso un opinionismo emotivo che occulta la/le direzioni del nostro orizzonte sociale, politico, economico, culturale e scientifico.

Il rischio è anche quello di diluire la ragione nello straripamento passionale della/e propagande che qua e là fioriscono nel mondo e che mettono a repentaglio una delle più alte conquiste della modernità, ossia la libertà dell’individuo, quando si preferisce “coltivare l’apparenza” fino ad immaginarci “che è verità”. In Tunisia, così come in Italia, la malattia dell’istantaneo agire, tocca in profondità il corpo malato della nazione. La politica del “giorno per giorno” finisce con l’annebbiare il nostro stesso presente. Il mese d’ottobre è per fortuna ricco d’avvenimenti culturali, dall’Ottobre musicale, alle Giornate Internazionali del Cinema di Cartagine, alla Settimana della Lingua Italiana con un ricco programma proposto come ogni anno dall’Istituto Italiano di Cultura.

Ha ripreso anche dal 2 ottobre alla Dante Alighieri l’appuntamento bimensile del giovedì al Cineforum che quest’anno ha per tema il cinema e la letteratura. Visite politiche hanno segnato la ripresa delle attività dopo la pausa estiva con in particolare la visita del ministro Matteo Salvini al suo omologo tunisino Hichem Fourati per discutere dell’emergenza migratoria, tema caro al ministro italiano, in vista di concordare un piano d’azione per ridurre l’emigrazione clandestina. Un incontro mattutino del ministro Salvini con gli imprenditori italiani in Tunisia, prima delle visite istituzionali previste, si è svolto presso la Residenza d’Italia.

Per i nostri specifici problemi: un incontro con la collettività organizzato dal Comites, in presenza dell’Ambasciatore d’Italia, Lorenzo Fanara si è svolto nel mese di settembre ad Hammamet. Seppur con passionalità mista a risentimento e a rancore, i partecipanti alla riunione, per lo più pensionati stabilitisi in Tunisia negli ultimi anni, hanno evidenziato problematiche e disagi a cui le nostre autorità di riferimento si sono mostrate sensibili. Riteniamo però che questi incontri, seppur nei limiti della buona educazione, siano molto utili per superare diffidenze ed avvicinarsi maggiormente alla nostra così diversificata collettività. Ottobre è da sempre, nella coscienza collettiva, il segno della ripresa ed anche dei buoni propositi che poi nel tempo possono o meno essere mantenuti: speriamo che la Tunisia, sempre più affossata da interessi di parte, si rimetta seriamente al lavoro per cominciare ad uscire da questo vortice discendente nel quale rischia sempre di più d’essere inghiottita!

 


 


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 827 - 179 - [nuova serie]

NOSTRI PROBLEMI

Avevamo un sogno: costruire un Mediterraneo di pace, di cultura e di civiltà!

Pensavamo che le storie dei popoli che vi si affacciano, seppur diverse, avessero dei comuni denominatori e che proprio su questa diversa/simile storia si dovesse ri-costruire, re-inventare, re-immaginare, ri-pensare le nostre radici per un futuro che, nonostante le evidenti difficoltà ed ostacoli, avrebbe ermesso di creare le basi per un’identità mediterranea.

Oggi questo sogno si sta ulteriormente frantumando e le frontiere liquide che dividono popoli e stati diventano sempre più granitiche e sono sostituite sempre maggiormente dalle frontiere della paura, dell’insicurezza, della violenza come se l’internazionalizzazione dei popoli oggi si esprimesse solo attraverso manifestazioni di forza e di terrore. Una delle prime conseguenze di questo diffuso ma variegato (chi peggio, chi meglio) sentimento di insicurezza e di panico per alcuni popoli (vedi gli ultimi fatti libici, il peggioramento della situazione mediorientale, la crisi turca, le emergenze umanitarie ecc.) è che questo ci faccia credere che il nostro solo rifugio, il nostro solo salvacondotto sia la chiusura e la conservazione.  Valori identitari a sfondo etnico o/e religioso in funzione della nostra posizione geografica in questo ”mare di mezzo” si sviluppano dandoci l’illusione di proteggerci dalle minacce del mondo. Ma da sud a nord, da est ad ovest del Mediterraneo i nostri destini sono incrociati e le nostre barriere storiche, umane, religiose, etniche, culturali, sociali ed economiche sono ceneri al vento se non abbiamo, anche nella bufera, il coraggio di ripensare, da tutte le sue rive, ad una ricostruzione o anche ad una costruzione (per chi crede che un mondo mediterraneo non sia mai esistito) di un’identità che ci dia la coscienza che solo mescolando le nostre carte potremo salvarci! Per parafrasare Macbeth nel “Castello dei destini incrociati” di Calvino, diremo come lui “Sono stanco che il Sole resti in cielo, non vedo l'ora che si sfasci la sintassi del Mondo, che si mescolino le carte del gioco, i fogli dell'in-folio, i frantumi di specchio del disastro.”

Avevamo un sogno: lo stiamo realizzando! Da anni accumuliamo storie, documenti, libri, giornali… che raccontano la storia della collettività italiana documenti che non erano però pubblici. Con il Comites abbiamo presentato un progetto d’archivio della memoria italiana in Tunisia al Ministero degli Esteri italiano. Grazie all’aiuto fattivo di S.E. l’Ambasciatore d’Italia Lorenzo Fanara ed alla sua équipe, abbiamo ottenuto fondi per poter realizzare questo progetto. Ne riparleremo nel prossimo numero più ampiamente chiamando sia la vecchia che la nuova collettività a collaborare attraverso testimonianze scritte o orali che possano man mano permetterci di costruire un materiale vivo della memoria italiana da aggiungere a quello storico, in parte già in nostro possesso. Terremo sia sulla pagina del Comites che sulle colonne del nostro giornale un aggiornamento del nostro operato così come delle spese alle quali andremo incontro. Intanto questa notizia ci conforta poiché nel nostro piccolo contribuiremo a creare questa memoria comune alle due sponde del Mediterraneo grazie all’insostituibile aiuto di chi ha creduto nell’importanza del progetto.

Il Comites inoltre comunica ai connazionali residenti ad Hammamet che il venerdì  21 settembre alle ore 17, nella sala conferenze di un albergo, “La Résidence Hammamet” avenue Bourguiba, in pieno centro, si terrà un incontro con la collettività in presenza di SE l’ambasciatore d’Italia, Lorenzo Fanara e dei membri del Comites.

Nel dibattito si affronteranno varie questioni tra le quali quelle che definiscono le modalità di rapportarsi alle istituzioni ed al Comites in particolare come cassa di risonanza delle esigenze della collettività nei suoi rapporti con l’Autorità italiana. Sarà anche distribuito in quest’occasione un vademecum per i pensionati.

Una notizia triste per tutti coloro che l’hanno conosciuto o semplicemente votato: si è spento in questi giorni Raouf Benguisa, membro eletto e tesoriere del Comites, dopo una lunga e dolorosa malattia. Essendo in chiusura del giornale, il Comites pubblicherà un suo ricordo nel prossimo numero, ma intanto esprimiamo a nome del nostro giornale, del Comites e di tutti i suoi amici le nostre più meste condoglianze ad Annamaria di Curzio, sua moglie ed a sua figlia Sara.

 



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 826 – 178 [nuova serie]

 

 

NOSTRI PROBLEMI

 

Il mese d’agosto è tradizionalmente il mese delle vacanze e mentre in Italia molti lasciano le loro città alla ricerca di luoghi esotici o meno ma che rompano con la routine quotidiana, in Tunisia molti ricevono le loro famiglie sparse un po’ nel mondo o si accalcano sulle spiagge del litorale alla ricerca di un po’ di fresco, visto le elevate temperature e la quasi impossibilità, per la maggior parte della popolazione, di viaggiare fuori dai confini nazionali. Dopo ferragosto, in Tunisia cosi come in tutto il mondo musulmano, si festeggerà l’Aïd el Kebir, ossia il sacrificio di Abramo e mentre le famiglie meno abbienti cercano, sempre con maggiori difficoltà, di racimolare i soldi per acquistare, come da tradizione, l’agnello da sacrificare, è in atto nel Paese un dibattito politico e culturale di grande importanza sul futuro della giovane democrazia. Dibattito che ha però scatenato passioni e controversie che vanno ben aldilà delle scelte politiche e che esprimono tendenze contrastanti poiché a far da arbitro in questa diatriba è l’interpretazione religiosa dell’Islam e le sue ripercussioni concrete sulla vita dello Stato.

Di che cosa si tratta e perché la proposta di formalizzare la scelta democratica del Paese è soggetta oggi a cosi forti ed anche violente controversie?

Si contrappongono due visioni del Paese: la prima si iscrive nella tradizione modernista che già dal 1957 con l’instaurazione della Repubblica vide profilarsi all’orizzonte l’istituzione di uno stato democratico, rallentato nel suo cammino da due capi di stato che hanno, anche se in modi diversi, personalizzato la gestione politica della nazione. La seconda invece cerca di gestire il ruolo politico attraverso una lettura dell’Islam che non può in nessun caso contraddirne i dettami né le pratiche ancestrali.

Ambedue le correnti hanno però aderito all’approvazione (sofferta!) della nuova Costituzione tunisina del 2014 che sancisce lo stato democratico ed in quanto tale il potere come espressione dei cittadini che ha come conseguenza immediata l’uguaglianza di uomini e donne di fronte alla legge. Questo significa che occorre considerare l’uguaglianza come valore fondante ed inalienabile della democrazia stessa che non può essere separata neppure concettualmente dal suo corollario: i diritti dell’uomo. Sappiamo che in tal senso il primo governo indipendente con l’adozione dello Statuto Personale (1956) mise una prima pietra all’edificio democratico ampliando i diritti delle donne senza però portare a termine questa emancipazione.

Il 13 agosto 2017 ossia 61 anni dopo la promulgazione dello Statuto personale o diritto della famiglia, grazie all’iniziativa dell’attuale presidente della Repubblica Beji Caïd Essebsi che si riconosce quale prosecutore dell’opera del leader Bourghiba, viene costituita una commissione delle libertà individuali e dell’uguaglianza (COLIBE) che ha come missione quella di fare proposte per adeguare i diversi testi giuridici con i principi costituzionali in particolare in materia di uguaglianza dei cittadini e per la garanzia del rispetto delle libertà individuali.

Il testo prodotto dalla COLIBE è molto articolato e va dalla parità di genere alle libertà accademiche e riguarda l’insieme delle libertà individuali.

La pubblicazione del testo, però, ha provocato (prima della sua lettura!!!) una feroce polemica dai suoi detrattori degenerata in anatemi contro i membri della commissione (specie per quello che riguarda la parità di genere in materia di eredità considerate dai tradizionalisti contraria ai precetti islamici), manifestazioni, condanne durante le prediche in moschea specie i venerdì ecc. incompatibili però con la nuova Costituzione.

Ci sono state, all’opposto, critiche al testo da coloro che l’hanno giudicato troppo debole e non abbastanza radicale.

Sta di fatto però che tra quelli che considerano le proposte della COLIBE in contraddizione con i precetti dell’Islam, quelli che le considerano troppo moderate e quelli che aderiscono invece al progetto, si deciderà dell’avvenire della democrazia del Paese!

Senza rispetto e riconoscimento giuridico delle libertà individuali, non vi è democrazia!

A tutti buone vacanze!

 


 


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 826 – 177 [nuova serie]

 

NOSTRI PROBLEMI

Ma tu da che parte stai? dalla parte dei buonisti o dei cattivisti? Sembra uno scherzo invece lo è sempre meno ed oggi essere trattato da “buonista” ha una connotazione negativa mentre essere “cattivista” assume sempre più una connotazione positiva, inaugurando cosi’ un’etica rovesciata laddove i valori sbiadiscono e diventano solo prerogativa ad  uso e consumo delle “élites”, termine anch’esso diventato molto di moda ma abbastanza avvolto dalle nebbie dello sfumato artistico tanto da perdere la sua valenza semantica mentre gli altri, tutti gli altri sono intenti a costruire una storia che si declina sull’ io prima, sull’io solo, sull’io contro. Che cos’è la lingua si chiedeva il noto linguista italiano Tullio De Mauro? “Parole che rimuginiamo per sapere quale dire, parole che vengono da dentro, significati che cerco di dare o che capisco, parole che ho dentro la testa.” Ma, aggiunge, i significati di una stessa parola sono molteplici e questa molteplicità ci permette una grande libertà al punto di poter dare ad una stessa parola anche significati divergenti e contradditori come oggi è per la parola “buonista”. Ma la lingua sta “dentro” e “fuori” di noi poiché il “dentro” “è stato costruito fin dalla nascita nei continui rapporti con gli altri.” La nostra parola ed i suoi significati sono quindi espressione di un’interiorizzazione di un fuori di cui ci appropriamo. Per coloro che hanno coniato il termine di “buonismo” questo fuori significa crisi della democrazia e dei suoi valori universali legati non solo ad una società di e dei diritti generici ma al suo corollario concettuale che è l’ eguaglianza imprescindibile di tutti di usufruirne, primo dei quali il diritto alla vita: si, sono una buonista come erano nel 1938 i “pietisti” (l’antecedente storico e linguistico della parola buonista odierna e con la stessa connotazione negativa), coloro che criticavano le leggi razziali. Anche in quel periodo come afferma lo scrittore Giacomo Papi “una virtù, la pietà, l’essere pietosi, fu distorta e ribaltata in un vizio e in una debolezza, in modo da assolversi preventivamente da ogni colpa, per esempio quella di rastrellare e mandare a morire gli ebrei italiani.” Ma perché oggi questo ritorno manicheo dei buoni considerati “insulsi” e dei “cattivi” considerati uomini di buon senso, espressione di una “virilità” nazionale ritrovata? Sarebbe interessante in un mondo che sempre più rivendica la parità di genere soffermarci a riflettere su questa nuova dicotomia politica in cui il discorso virile si sta contrapponendo al discorso debole (femminile, effeminato ecc.) che ancora una volta ci mostra la labilità delle conquiste della modernità intese come progresso ma rimaniamo sui termini in oggetto. Il buonismo come il pietismo ieri racchiude un’identificazione politica e basta leggere i commenti ai post della Boldrini, intrisi d’insulti a sfondo sessuale, per capire quali sono le possibili “devianze” dell’utilizzo sarcastico di questa etichettaggio politico-linguistico; come scrive Michele Serra, il «buonismo» «è un alibi insostituibile», che “serve a ridurre ogni moto di umanità o di gentilezza a un’impostura da ipocriti, e di conseguenza ad assolvere ogni moto di grettezza e di disumanità». In questi giorni la parola si è anche identificata al fenomeno migratorio che dall’est o/ e dal nord del Mediterraneo vede “moltitudini umane” tentare di sbarcare “clandestinamente” sulle coste europee ed in particolare su quelle italiane per la vicinanza con la Libia e la Tunisia. Chi è per una soluzione che privilegi il soccorso è un buonista, chi invece preferisce farli vogare in mare alla ricerca di altri lidi dove accostare è “un eroe con le...” cioè un cattivista. Certo il problema dell’emigrazione clandestina specie dall’Africa subsahariana e non solo è fenomeno complesso, difficile da trattare e molto inquietante poiché esodo di questa importanza non può non interrogare l’Europa e l’Italia in particolare: “aiutiamoli a casa loro” si legge un pò ovunque. Certo sarebbe l’ideale, la soluzione migliore ma chi lo fa e come? Il primo che è pronto a rivedere e a ripensare al suo modo di vivere ed a fare sacrifici per un miglioramento delle condizioni sociali, economiche e politiche dei paesi più poveri si faccia avanti oppure vogliamo che il Nordafrica diventi il campo profughi armato dell’Europa? Poveri con poveri così cancelliamo dalla nostra “vista” e dalle nostre preoccupazioni questo problema.  Il quesito nostro è quello che si potrebbe così creare popoli del risentimento e dell’odio con conseguenze che forse un domani si rivelerebbero non solo inadeguate di per se stesse ma anche controproducenti per le rive nord stesse per cui al di là di facili slogan e contro slogan cerchiamo di fare una vera riflessione tutti nord e sud compreso. Gli italiani però nelle loro considerazioni non dimentichino che il Ministero degli Esteri nel lontano1995 parlava di 58,5 milioni di oriundi italiani, di cui 38,8 milioni in America Latina, 16,1 milioni in America del Nord, 2 milioni in Europa e 0,5 milioni in Oceania e che nel 2000, secondo una stima dello stesso Ministero, il numero dovrebbe collocarsi tra i 60 e i 70 milioni i quali per la buona fortuna dell’Italia hanno potuto beneficiare dello Ius soli nei paesi d’approdo e che non busseranno alle porte dell’Italia dicendo “noi prima”!



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